Incostituzionali le norme «irrimediabilmente oscure»
La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 110/2023, ha stabilito che le disposizioni normative irrimediabilmente oscure, e pertanto foriere di intollerabile incertezza nella loro applicazione concreta, si pongono in contrasto con il canone di ragionevolezza della legge di cui all’art. 3 Cost.
È vero che ogni enunciato normativo presenta margini più o meno ampi di incertezza circa il suo ambito di applicazione senza che ciò comporti la sua illegittimità costituzionale e che il compito essenziale della giurisprudenza è quello di dipanare gradualmente i dubbi interpretativi. Ed è anche vero che non potrebbe ritenersi contrario all’art. 3 Cost. il ricorso a clausole generali, programmaticamente aperte a “processi di specificazione e di concretizzazione giurisprudenziale”, così come non potrebbe ritenersi precluso l’utilizzo di concetti tecnici o di difficile comprensione per chi non possieda speciali competenze tecniche.
Diverso, però, è il caso in cui il significato delle espressioni utilizzate in una disposizione – nonostante ogni sforzo interpretativo, compiuto sulla base di tutti i comuni canoni ermeneutici – rimanga del tutto oscuro, con il risultato di rendere impossibile identificare anche solo un nucleo centrale di ipotesi riconducibili con ragionevole certezza alla fattispecie normativa astratta.