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LETTERE

Su rimborsi e compensazioni è penalizzato chi ha crediti erariali

Giovedì, 25 gennaio 2024

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Gentile Redazione,
non comprendo questo accanimento rispetto ai contribuenti che si trovano in posizione di credito verso l’Erario: a ben vedere, dovrebbero essere premiati invece che ostacolati. Una posizione creditoria implica che, per effetto delle numerose regole che impongono una riscossione anticipata, il soggetto in questione ha versato all’Erario (e quindi, indirettamente, a favore di tutti gli altri concittadini) più del dovuto.

Sarebbe corretto che questi soggetti (che non definisco “contribuenti”, perché spesso la posizione creditoria nasce dall’IVA dove il termine contribuente assegnato al titolare della posizione è improprio) venissero rimborsati in tempi rapidissimi, e magari con una lettera di ringraziamento.

Se l’Erario rimborsasse questi crediti a stretto giro di posta, non vi sarebbe nemmeno bisogno dell’istituto della compensazione: ci risparmieremmo un ginepraio di regole e controregole, con rischi impropri di sanzioni appioppate al soggetto per errori magari solo formali (codice tributo errato, per esempio) o per il caso frequente in cui, pur avendo pacificamente una posizione creditoria, ha compensato crediti in misura superiore al limite massimo consentito o in anticipo rispetto al termine in cui il credito, pur esistente, era disponibile per la compensazione.

Le norme ordinarie già sono impostate al contrario di quel che sarebbe giusto fare per questi soggetti meritevoli. Prendiamo l’art. 38-bis del DPR 633/72 in materia di rimborsi IVA: la regola dice che i rimborsi “sono eseguiti” entro tre mesi dalla presentazione della dichiarazione, ma lo stesso comma precisa che sulle somme rimborsate spettano interessi che maturano dal novantesimo giorno successivo a quello in cui è presentata la dichiarazione. Quindi la regola “vera” non è che i rimborsi “sono eseguiti”, ma “dovrebbero essere eseguiti”. Prevedere già nella regola perentoria il caso della sua violazione, e quel che è peggio, prevedere già che la violazione della regola sia commessa dallo Stato, la dice lunga su come il sistema sia volto a “maltrattare” i creditori invece che a premiarli. Sarebbe quantomeno più giusto far decorrere gli interessi dalla data di presentazione della dichiarazione, e prevedere, caso mai, interessi in misura più penalizzante se, per avventura, il rimborso venisse predisposto oltre il termine di legge.

Per l’IRPEF la situazione è persino peggiore: l’art. 36-bis del DPR 600/73 dispone che l’attività di liquidazione e rimborso dei crediti d’imposta possa iniziare con comodo, e cioè “entro l’inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all’anno successivo”. È così che si ringrazia il contribuente meritevole?

Essendo noto che comunque i rimborsi pervenivano in ritardo anche in queste condizioni, nello Statuto del Contribuente venne fissata la regola che consente al creditore di compensare i crediti con i debiti.
Già non si capisce per quale motivo questa regola non sia applicata in modo completo, prevedendo limiti sugli importi: abbiamo già constatato che il contribuente a credito è un contribuente da ringraziare. E lo sarebbe ancor di più laddove, facendo risparmiare tempo all’amministrazione, approfittasse della regola per ridurre il carico dei rimborsi. Eppure, invece di ringraziarlo, lo si penalizza mettendo dei limiti di importo.

In questo contesto si aggiunge la modifica all’art. 37 del DL 223/2006, conv. L. 248/2006, a cui, dopo il comma 49-quater, viene aggiungo il comma 49-quinquies a opera dell’art. 1 comma 94 della L. 213/2023 (gira la testa? Anche a me...). In base a questa nuova regola, se un soggetto ha ricevuto iscrizioni a ruolo per imposte erariali o accertamenti esecutivi (che potrebbero anche essere totalmente infondati) per importi superiori ai 100.000 euro, gli viene preclusa la facoltà di avvalersi della compensazione.

Perché?
Non è che con la compensazione il soggetto in questione si metta in tasca alcunché o procuri danni all’Erario. Impedendogli la compensazione, se già non era in grado di far fronte alla nuova iscrizione a ruolo, probabilmente non potrà onorare neanche gli altri pagamenti d’imposta comunque dovuti, pur essendo titolare di una posizione creditoria, nemmeno nei limiti del credito disponibile.

Qui non si tratta di Fisco “pesante”, di carico fiscale eccesivo, ma di Fisco inutilmente penalizzante proprio nei confronti di chi verso il Fisco ha crediti che non gli verrebbero rimborsati tempestivamente, discriminandolo sfavorevolmente rispetto a chi, non subendo prelievi anticipati, paga il giusto soltanto dopo la fine del periodo d’imposta.


Giampiero Guarnerio
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano

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