La fattura commerciale prova il contratto se non contestata e annotata nelle scritture contabili
Con la sentenza n. 3581, depositata ieri, la Cassazione torna sul tema dell’efficacia dimostrativa da riconoscersi alle fatture commerciali in merito all’esistenza del corrispondente contratto tra l’emittente e il destinatario.
È stato, in particolare, ribadito il principio secondo cui, sebbene la fattura commerciale, in quanto atto formato unilateralmente dall’asserito creditore, non ha di per sé valore di piena prova circa l’esistenza del credito e, ancor meno, del contratto ad essa sotteso, essa è elevata al rango di prova piena dei predetti fatti, e non già di mero indizio, allorché il debitore non abbia provveduto a contestarla (anche in via stragiudiziale), rendendo così controversa la sussistenza del debito e/o del rapporto obbligatorio ed abbia, altresì, provveduto alla relativa annotazione nelle proprie scritture contabili (si veda ex multis Cass. 12 gennaio 2016 n. 299).
In particolare, in relazione a tale ultimo profilo, va osservato che l’annotazione della fattura nelle scritture contabili del destinatario possiede, per giurisprudenza consolidata (cfr. Cass. 18 febbraio 2005 n. 3383), natura confessoria ex art. 2720 c.c.: si tratta, infatti, di un atto ricognitivo in ordine a un fatto produttivo di effetti giuridici sfavorevoli al dichiarante, la cui efficacia dimostrativa non può che poggiare sulla regola di comune esperienza secondo cui nessuno dichiarerebbe fatti a sé sfavorevoli se questi non fossero rispondenti al vero.
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