Inflessibile l’atteggiamento della CDC sul contributo di solidarietà sulle pensioni
Spettabile Redazione,
mi permetto sottoporre all’attenzione di Eutekne.info, che leggo quotidianamente e di cui apprezzo la puntualità e il rigore espositivo, una situazione comportamentale da parte della Cassa Nazionale di Previdenza e di Assistenza dei Dottori Commercialisti che, confesso, mi lascia fortemente perplesso perché ho fra l’altro ragione di ritenere che riguardi in ultima analisi tutti i colleghi iscritti.
Per evitare di abbandonarsi al vezzo del “mugugno” che spesso caratterizza i “diversamente giovani” mi atterò a una asettica e sintetica esposizione dei fatti:
- godo della pensione di vecchiaia anticipata in attività della Cassa a far tempo dal 1° luglio 2012;
- avendo accertato che la Cassa illegittimamente operava una trattenuta a titolo di contributo di solidarietà sui ratei della pensione anticipata per il periodo 20 aprile 2014-20 aprile 2024 promuovevo avanti al Tribunale di Milano, sezione lavoro, una causa civile volta a ottenere la ripetizione di quanto trattenuto “sine titulo”;
- il Tribunale di Milano, con sentenza n. 2777/2024, dichiarava l’illegittimità del contributo e ne ordinava il rimborso con condanna della Cassa alla rifusione delle spese di lite. Giova osservare che tale sentenza si muove nell’ambito di un consolidato indirizzo del Tribunale di Milano (della Corte di Appello e della Corte di Cassazione) in materia per cui l’accoglimento delle mie ragioni, per ammissioni del legale che mi assisteva, non ha comportato la necessità di un effettivo dibattito procedurale essendo materia assolutamente pacifica. La Cassa veniva, come di consueto, condannata alle spese di soccombenza e a versare una penale pari al doppio del contributo unificato da versare alla Cassa Ammende;
- nonostante tutto questo la Cassa ricorreva alla Corte di Appello di Milano, sezione lavoro, la quale, confermando il pacifico orientamento giurisprudenziale (anche, come detto, della Corte di Appello e della Suprema Corte) in materia, con sentenza n. 1098/2024, pubblicata il 10 febbraio 2025, respingeva il gravame della Cassa con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite quantificate in 1.500 euro oltre accessori di legge;
- non solo: la Cassa veniva condannata anche a corrispondere la rivalutazione monetaria. Il tutto sul fondamento del diritto fatto valere dallo scrivente nel rispetto dei termini della prescrizione decennale (e non quinquennale come opinato dalla Cassa) applicabile in presenza di un contributo illecito e non correlato alla determinazione del quantum di pensione di diritto.
“Errare humanum est, perseverare autem diabolicum” dicevano gli antichi! Intuitivamente tale comportamento, oltre al differire il soddisfacimento dei legittimi diritti dei colleghi più anziani porta, a discapito di tutti, l’inutile sostentamento di ingenti spese legali e di altrettanto gravosi oneri di soccombenza.
Nel quadro di una doverosa collaborazione che dovrebbe legare gli iscritti alla propria Cassa chiedevo con mie PEC dello scorso mese di marzo indirizzate a tutti i membri del CdA e dell’Organo di controllo (inclusi quelli di nomina ministeriale) le correlate informazioni sulla spiacevole situazione che si è venuta a creare a ragione dell’atteggiamento tenuto dall’ente di previdenza.
Nessun riscontro è ad oggi pervenuto da parte dei destinatari con patente, a mio avviso, violazione degli obblighi deontologici.
Né basta: non avendo ricevuto la liquidazione delle spese di soccombenza il mio legale eseguiva un pignoramento presso il conto della Cassa in essere presso la Banca Popolare di Sondrio, secondo quanto disposto dall’Ufficiale giudiziario.
La Banca, con propria comunicazione del 5 maggio 2025, nel confermare il pignoramento, attestava la sussistenza di altri 11 pignoramenti per un controvalore di 791.362,80 euro che interessavano il medesimo conto corrente.
Non è dato di conoscere la genesi di quello che, apparentemente, è un preoccupante sintomo se non di latente stato di insolvenza quantomeno di “mala gestio”.
Lascio ai lettori della presente ogni più opportuna valutazione circa i fatti esposti.
Maurizio Riva
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano
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Abbiamo sottoposto la questione alla Cassa Dottori Commercialisti, riportiamo la sua risposta.
Gentile Redazione,
è doveroso ricordare che il contributo di solidarietà è un elemento cardine dell’articolata riforma del sistema previdenziale adottata dal 2004, al fine di contemperare gli interessi della platea dei pensionati con quella dei giovani professionisti, realizzando un bilanciamento ragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze di sostenibilità di lungo periodo della Cassa; misura i cui rinnovi deliberati dalle varie Assemblee dei Delegati che si sono succedute sono stati sempre approvati dai Ministeri Vigilanti e ha cessato i suoi effetti nel 2023.
Il contributo di solidarietà, infatti, non ha inciso sull’adeguatezza della prestazione pensionistica ed è stato applicato solo sulla quota di pensione calcolata con il vecchio metodo reddituale, corrispondente all’anzianità maturata ante 1° gennaio 2004, data di entrata in vigore della già menzionata riforma della Cassa.
Si precisa infine che nei giudizi in cui risulta soccombente, la Cassa procede alla restituzione di quanto dovuto.
La Cassa Dottori Commercialisti
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