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Il conferimento d’azienda con riserva di sovrapprezzo non è una donazione

Si applica l’art. 20 del DPR 131/86 anche all’imposta di donazione

/ Anita MAURO

Venerdì, 4 luglio 2025

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L’art. 20 del DPR 131/86 (che, ai fini dell’imposta di registro, vieta la riqualificazione degli atti portati alla registrazione se basata su elementi extratestuali) trova applicazione (in virtù del rinvio contenuto negli artt. 55 e 60 del DLgs. 346/90) anche nell’ambito dell’imposta di donazione e impedisce, quindi, di riqualificare in donazione l’atto di conferimento d’azienda caratterizzato dall’assegnazione ai conferenti di partecipazioni al capitale sociale di valore inferiore al valore economico dei rami d’azienda conferiti, con costituzione di una riserva di sovrapprezzo.

A questa conclusione giunge la Cassazione con la sentenza n. 17991, depositata il 2 luglio scorso, che esamina un’operazione societaria che, secondo l’Agenzia delle Entrate, nascondeva in realtà una causa gratuita e, quindi era stata assoggettata a imposta di donazione.

All’origine della vicenda esaminata dai giudici di legittimità si colloca la delibera di aumento di capitale di Alfa srl, sottoscritto da Beta srl e Gamma srl conferendo rami d’azienda.
A fronte di tale atto, l’Agenzia delle Entrate riprendeva a tassazione l’imposta di donazione, ritenendo integrato un negozio misto con donazione ai sensi dell’art. 25 del DPR 131/86. A tal fine, in particolare, l’Agenzia valorizzava la sproporzione tra il valore economico dei rami d’azienda conferiti e il valore delle partecipazioni assegnate ai conferenti, che avrebbe dimostrato l’esistenza di un atto di natura gratuita (secondo l’Amministrazione, infatti, “affinché fosse rispettata la proporzionalità tra valore economico del conferimento e valore economico della” Alfa srl “i soci entranti avrebbero dovuto ottenere una maggiore percentuale di partecipazione al capitale sociale”) e giustificato l’applicazione dell’imposta di donazione.

L’avviso di liquidazione veniva impugnato dai contribuenti che, soccombenti nei primi due gradi di giudizio, vedono, infine, accolto il proprio ricorso dalla Suprema Corte.
I motivi di ricorso dei ricorrenti ritenevano che l’operazione non integrasse il presupposto impositivo dell’imposta di donazione e a tal fine valorizzavano, tra il resto, due elementi.

Da un lato, i ricorrenti evidenziavano che, a fronte del conferimento, era stata costituita una riserva di sovrapprezzo “della quale si era tenuto conto al (successivo) momento dell’acquisto di dette quote di partecipazione al capitale sociale”. In breve, secondo i ricorrenti, non era possibile valutare la gratuità od onerosità dell’operazione solo confrontando “valore nominale delle azioni ricevute e valore reale del bene conferito”, ma occorreva considerare anche la costituzione della riserva di sovrapprezzo che è normativamente prevista (art. 2431 c.c.) quale strumento “per attribuire alle azioni ricevute dalle Conferitarie un valore intrinseco ben superiore a quello puramente nominale”.

Sotto il profilo soggettivo, poi, i ricorrenti lamentavano che il recupero dell’imposta fosse avvenuto in capo al socio preesistente Delta spa, mentre il solo soggetto che potesse, in ipotesi, ritenersi “arricchito” dall’operazione risultava la società conferitaria.

Nell’accogliere il ricorso, la Cassazione prende le mosse dal dato normativo dell’art. 25 del DPR 131/86, in base al quale “Un atto in parte oneroso e in parte gratuito è soggetto all’imposta di registro per la parte a titolo oneroso, salva l’applicazione dell’imposta sulle donazioni per la parte a titolo gratuito”. Nel caso di specie, l’Amministrazione ha ritenuto di rinvenire la “parte a titolo gratuito” nella sproporzione tra il valore dei rami conferiti ed il valore delle partecipazioni attribuite ai conferenti.

Tuttavia – rilevano i giudici di legittimità – l’applicazione dell’art. 25 del DPR 131/86 deve avvenire in armonia con quanto previsto dall’art. 20 del medesimo decreto, che impone di applicare l’imposta di registro in base ai soli effetti giuridici dell’operazione. Questa norma trova applicazione anche nell’ambito dell’imposta di donazione, in forza del rinvio al DPR 131/86 contenuto negli art. 55 comma 1 e 60 del DLgs. 346/90.

Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate ha agito in contrasto con l’art. 20 citato, in quanto, nel definire le imposte (di registro e di donazione, in ipotesi) applicabili alla delibera di aumento di capitale con conferimento in natura e riserva di sovrapprezzo, non si è limitata a valutare gli effetti giuridici dell’atto ma ne ha valorizzato gli effetti economici, “risalendo ad una (sorta) di sostanza economica dell’operazione (la gratuità per sproporzione di reciproche attribuzioni) per di più imputata a soggetto (il socio che non aveva sottoscritto l’aumento di capitale) estraneo agli effetti giuridici prodotti dall’atto”.

Inoltre, l’atto concretamente realizzato corrispondeva ad una fattispecie tipica delineata dalla normativa di riferimento (artt. 2431 e 2478-bis c.c.), connotata dal sovrapprezzo versato per il conseguimento delle quote di partecipazione, sicché la tassazione applicata dall’Ufficio eccedeva gli effetti giuridici dell’atto portato alla registrazione, violando il divieto posto dall’art. 20 del DPR 131/86.

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