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Venerdì, 4 luglio 2025 - Aggiornato alle 6.00

LAVORO & PREVIDENZA

Nella valutazione dei rischi anche tutele contro le emergenze climatiche

Il protocollo quadro costituisce la base da cui partire per accordi a livello nazionale, territoriale e aziendale

/ Mario PAGANO

Venerdì, 4 luglio 2025

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Informazione/formazione, sorveglianza sanitaria, abbigliamento/DPI, riorganizzazione dell’orario di lavoro. Sono questi i possibili temi di intervento suggeriti dal protocollo quadro per l’adozione delle misure di contenimento dei rischi lavorativi, legate alle emergenze climatiche negli ambienti di lavoro, che è stato sottoscritto il 2 luglio, al Ministero del Lavoro, dalle associazioni datoriali e dei lavoratori.

Il documento, attraverso una cornice di buone prassi, costituisce la base dalla quale partire per futuri e auspicabilmente tempestivi accordi a livello nazionale, territoriale e aziendale, per la prevenzione e la tutela dei lavoratori in questi giorni in cui le alte temperature stanno mettendo alla prova il mondo del lavoro e non solo.

Gli accordi, legati alle specifiche realtà settoriali, alle dimensioni aziendali, dei territori e dei processi industriali e lavorativi, saranno affiancati anche da un apposito decreto ministeriale di recepimento del protocollo e verosimilmente da ulteriori atti normativi, con particolare riferimento agli ammortizzatori sociali, il cui ampliamento è stato auspicato dalle parti sociali, attraverso un meccanismo di automatico ricorso agli stessi in tutte le ipotesi di sospensione o riduzione dell’orario di lavoro, anche in caso di lavoro stagionale.
Allo stesso tempo, è stato richiesto lo scomputo, dal limite massimo di durata della cassa integrazione, dei periodi previsti dalla disciplina degli ammortizzatori sociali ordinari per eventi oggettivamente non evitabili.

L’obiettivo prioritario dichiarato è quello di coniugare la prosecuzione delle attività produttive con la garanzia di condizioni di salubrità e sicurezza degli ambienti di lavoro e delle modalità lavorative.

Come richiamato dal protocollo sono diversi i settori messi a rischio dalle alte temperature. Si tratta di settori e attività che già in passato erano finiti sotto la lente di ingrandimento del Ministero del Lavoro che, in un vademecum diffuso nel 2023, con il quale venivano suggerite specifiche misure da adottare per tutelare i lavoratori, aveva evidenziato come le temperature elevate costituiscano un fattore di rischio, operativo su diversi ambiti. Il calore può condizionare la concentrazione del lavoratore, determinando scarsa capacità decisionale, riduzione della produttività, aumento dei livelli di stress.

A rischio, innanzitutto, sono le attività che vengono normalmente svolte all’aperto e che richiedono un intenso lavoro fisico con esposizione diretta alla luce solare e al calore in settori come l’agricoltura, la silvicoltura, la pesca, l’edilizia, l’estrazione mineraria, i trasporti e la manutenzione e la fornitura di servizi pubblici.
Non meno esposti, tuttavia, sono anche i lavoratori indoor, impiegati in ambienti scarsamente raffreddati o con elevata produzione di calore industriale, sovente tenuti anche all’utilizzo di DPI in condizioni di caldo, come nei settori dell’elettricità, del gas e dell’approvvigionamento idrico e manifatturiero.

Naturalmente i futuri accordi dovranno partire da quello che già oggi il DLgs. 81/2008 prevede a tutela dei lavoratori. In tal senso, quindi, un momento fondamentale è costituito da una corretta stesura e aggiornamento della valutazione dei rischi (artt. 28 e 29 Dlgs. 81/2008), nella quale dovranno essere fissate misure preventive per proteggere i lavoratori da qualsiasi rischio sul luogo di lavoro, ivi compresi quelli legati al microclima.
Proprio con riferimento a tale ultimo aspetto, il protocollo ricorda che, nell’ambito dei cantieri temporanei e mobili, il coordinatore per la progettazione, qualora previsto, all’atto dell’elaborazione del piano di sicurezza e di coordinamento (PSC), ma anche i datori di lavoro delle ditte in appalto, all’interno dei relativi POS, dovranno prevedere apposite misure, quali, ad esempio, l’individuazione di aree di ristoro adeguate alle pause, la fornitura di bevande, l’accesso all’ombra nonché la modifica dell’orario di lavoro, con l’anticipo o il posticipo delle lavorazioni previste.

Particolarmente interessante il passaggio del protocollo nel quale viene suggerita la possibilità di prevedere, per le imprese aderenti ai futuri accordi attuativi del protocollo stesso, criteri di premialità, che potranno essere riconosciuti dall’INAIL in relazione agli strumenti di incentivazione in materia di salute e sicurezza, attualmente vigenti.

Infine, le parti sociali individuano alcune misure di supporto al protocollo, auspicando in tal senso specifici interventi ministeriali. Oltre a quanto già segnalato in tema di ammortizzatori sociali, sono due gli aspetti evidenziati.
Il primo riguarda le rimodulazioni dell’orario di lavoro, che non dovranno essere condizionate da possibili provvedimenti.
Il secondo aspetto attiene alla possibilità di riconoscere limiti alla responsabilità delle imprese per eventuali danni derivanti da ritardo nella consegna dei lavori.

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