L’abolizione del reato di abuso d’ufficio non contrasta con la Convenzione contro la corruzione
È stata pubblicata ieri la sentenza n. 95 della Corte Costituzionale che sancisce la legittimità dell’abrogazione del reato di abuso d’ufficio. La decisione era già stata anticipata nei suoi tratti essenziali con un comunicato dell’8 maggio scorso (si veda “Legittima l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio” del 9 maggio scorso), ieri sono state depositate le motivazioni.
Secondo il giudice delle leggi l’abrogazione del reato di abuso di ufficio da parte del legislatore italiano non contrasta con la Convenzione delle Nazioni unite contro la corruzione e la Corte Costituzionale non può sindacare la complessiva efficacia del sistema di prevenzione e contrasto alle condotte abusive dei pubblici agenti risultante da tale abrogazione, sovrapponendo la propria valutazione a quella del legislatore.
Per quanto riguarda il primo punto, la Consulta dichiara di aver esaminato tutte le norme della Convenzione citata, ma ha escluso che da esse possa ricavarsi un obbligo di prevedere come reato le condotte di abuso di ufficio, reato che peraltro non è uniformemente presente in tutti gli ordinamenti penali degli Stati firmatari.
Per quanto riguarda il secondo punto, secondo la Corte, “se gli indubbi vuoti di tutela penale che derivano dall’abolizione del reato (…) possano ritenersi o meno compensati dai benefici che il legislatore si è ripromesso di ottenere, secondo quanto puntualmente illustrato nei lavori preparatori della riforma, è questione che investe esclusivamente la responsabilità politica del legislatore, non giustiziabile (...) al metro dei parametri costituzionali e internazionali esaminati”.
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