L’insolvenza toglie all’imprenditore il diritto di disporre del patrimonio
La Cassazione delinea i presupposti della bancarotta preferenziale
Il delitto di bancarotta preferenziale implica la verifica in ordine all’elemento oggettivo del reato della sussistenza di indici di insolvenza, esistente o prossima, al momento del pagamento contestato, tali da rendere quest’ultimo idoneo a mettere in pericolo la par condicio creditorum e quindi l’interesse dei creditori al trattamento paritetico in caso di insolvenza.
Tale è il principio affermato dalla sentenza n. 24728 depositata ieri dalla Corte di Cassazione.
Nelle sentenze di merito venivano contestati dei pagamenti – ritenuti “preferenziali” – da parte dell’amministratore di una srl nei confronti di un’impresa individuale.
Le motivazioni della Cassazione premettono innanzitutto che, ai fini della configurabilità del reato di bancarotta preferenziale (art. 216 del RD 267/42, oggi art. 323 del DLgs. 14/2019) è necessaria la violazione della par condicio creditorum nella procedura fallimentare (elemento oggettivo) e il dolo specifico costituito dalla volontà di recare un vantaggio al creditore soddisfatto, con l’accettazione della eventualità di un danno per gli altri (elemento soggettivo), con la conseguenza che la condotta illecita non consiste nell’indebito depauperamento del patrimonio del debitore ma nell’alterazione dell’ordine, stabilito dalla legge, di soddisfazione dei creditori.
Viene così evidenziato che la lesione del bene giuridico tutelato implica la sussistenza di una situazione di pericolo concreto per la soddisfazione dei creditori diversi da quello soddisfatto, secondo i canoni già delineati dalla giurisprudenza penale e in particolare dalle Sezioni Unite nella pronuncia n. 28910/2019.
Per provare la violazione di tale par condicio deve essere accertata l’esistenza di altri creditori, che vantino ragioni prevalenti o eguali, rimasti insoddisfatti per effetto del pagamento eseguito al preferito.
Occorre, dunque, che sia verificata ex ante la situazione di insolvenza e il pericolo concreto che il pagamento, operato in tale contesto, possa produrre una alterazione nell’ordine di soddisfazione dei creditori, consistendo l’evento giuridico del reato nella alterazione dell’ordine previsto dall’art. 2741 c.c. In sostanza, pur se la norma incriminatrice non contempla espressamente, come requisito oggettivo del reato, la situazione di insolvenza, essa viene implicitamente sottesa dalla dinamica della disposizione in esame.
In altre parole, è l’insolvenza che toglie all’imprenditore il diritto e il dovere di disporre del proprio patrimonio per fare fronte alle proprie obbligazioni in quanto altrimenti si porrebbe a repentaglio l’uguaglianza tra i creditori.
Nel caso di specie viene evidenziato un pesante “indebitamento a breve termine” da parte della società; situazione di insolvenza già ben nota all’amministratore, all’atto dei pagamenti in esame. Ciò vale a fondare la sussistenza anche dell’elemento soggettivo doloso, dal momento che le sentenze di merito avevano dato atto dello squilibrio patrimoniale in atto: sussisteva uno stato di allarmante crisi che avrebbe imposto l’immediato ricorso a una procedura concorsuale.
Viene pertanto offerta una adeguata motivazione in ordine al dolo specifico – costituito dalla volontà di recare un vantaggio al creditore soddisfatto –, nonché dell’accettazione della eventualità di un danno per gli altri creditori, in ragione della circostanza che il curatore aveva accertato che alla data della dichiarazione di fallimento l’esposizione per oltre due milioni di euro sussisteva con creditori istituzionali, ma anche con creditori privati, come i fornitori, fra i quali certamente si poteva annoverare l’impresa che è stata avvantaggiata con i pagamenti “preferenziali” (nell’anno 2017 per oltre 79.000 euro, nell’anno 2018 per oltre 23.000 euro).
Altra affermazione di principio contenuta nella sentenza in commento riguarda la circostanza aggravante dei più fatti di bancarotta ex art. 219 comma 2 del RD 267/42.
In proposito – richiamando la giurisprudenza che si è pronunciata sulla bancarotta distrattiva (Cass. nn. 13382/2021 e 41539/2024) – i giudici ritengono che non sia configurabile tale aggravante nel caso di una pluralità di pagamenti che non siano autonomi, bensì temporalmente contigui, abbiano la medesima causa contrattuale, siano lesivi del medesimo bene giuridico della par condicio creditorum.
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