Confine incerto tra bancarotta documentale semplice e fraudolenta
Centrale la consapevolezza di rendere impossibile la ricostruzione delle vicende societarie tramite l’irregolare tenuta della contabilità
La questione dei labili confini tra bancarotta documentale fraudolenta e semplice, di cui è tornata a occuparsi la Cassazione con la sentenza n. 26763/2025, si presenta particolarmente problematica con riguardo alla condotta di irregolare tenuta della contabilità. L’omessa tenuta, infatti, nonostante l’assenza di un’espressa indicazione, è collocata nella fattispecie fraudolenta a dolo specifico; ciò, come recentemente precisato dalla sentenza della Cassazione n. 28612/2025, proprio perché, altrimenti, risulterebbe impossibile distinguere tale fattispecie da quella, analoga sotto il profilo materiale, di bancarotta semplice documentale (colposa o a dolo generico).
L’inquadramento della questione parte dal differente oggetto dei reati. Nella bancarotta fraudolenta documentale esso è rappresentato da qualsiasi documento contabile relativo alla vita dell’impresa dal quale sia possibile conoscere i tratti della sua gestione. Nella bancarotta semplice documentale, invece, l’oggetto del reato è individuato nelle sole scritture contabili obbligatorie (cfr. Cass. n. 37459/2021).
Nell’ambito della bancarotta documentale fraudolenta, poi, sono contemplate due distinte fattispecie connotate da condotte materiali ed elementi psicologici diversi. La condotta di fisica sottrazione delle scritture contabili alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, è connotata dal dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori. Non si richiede, dunque, un effettivo pregiudizio delle ragioni del ceto creditorio, ma solo che la condotta del soggetto attivo del reato sia sostenuta dalla finalità di arrecare pregiudizio ai creditori (ovvero di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto).
La condotta di fraudolenta tenuta delle scritture contabili, invece, è un reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (cfr. Cass. n. 33114/2020 e Cass. n. 26379/2019).
Pertanto, sul piano dell’elemento soggettivo, la distinzione tra bancarotta documentale semplice e fraudolenta va valutata tendendo conto che il reato di bancarotta documentale fraudolenta non è configurabile al di fuori del perimetro del dolo; dolo che si presenta come generico o specifico in ragione della diversa condotta sanzionata.
La bancarotta semplice documentale, invece, è punibile “anche” a titolo di colpa (cfr. Cass. n. 2900/2019 e Cass. n. 53210/2018). Si osserva, infatti, come tale soluzione non sia ostacolata dalla lettera dell’art. 42 comma 2 c.p., ai sensi del quale, “nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se non l’ha commesso con dolo, salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge che esige la previsione espressa della punibilità di un delitto a titolo di colpa”. Ciò in quanto la nozione di “previsione espressa” non equivale a quella di “previsione esplicita” e, nel caso della bancarotta semplice documentale, la previsione implicita sarebbe desumibile dalla definizione come dolosa della bancarotta fraudolenta documentale (cfr. Cass. n. 53210/2018).
Ne consegue la necessità di definire puntualmente il dolo generico della bancarotta semplice documentale, quale punto di maggiore vicinanza rispetto alla bancarotta documentale fraudolenta, avendo la prima come elemento soggettivo “esclusivo” la colpa, ed essendo ad essa estraneo il dolo specifico.
L’elemento soggettivo rilevante, quindi, può essere indifferentemente costituito dalla colpa o dal dolo, ravvisabile quando l’agente con negligenza o con “mera” coscienza e volontà ometta di tenere le scritture contabili obbligatorie per legge ovvero le tenga in maniera irregolare o incompleta.
Nelle due ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale, infatti, l’elemento psicologico deve essere individuato, alternativamente, nel dolo specifico, ossia nella finalità di arrecare pregiudizio ai creditori o di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, o nel dolo generico; in tal caso, però, costituito dalla coscienza e volontà dell’irregolare tenuta delle scritture contabili accompagnata dalla consapevolezza di come ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore.
In altre parole, restano estranee al dolo della bancarotta documentale semplice (quale mera coscienza e volontà della condotta attiva od omissiva rilevante) non solo, chiaramente, il dolo specifico, ossia la finalità del soggetto attivo del reato di arrecare pregiudizio ai creditori o di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, ma anche, quanto al dolo generico, la consapevolezza che l’irregolare tenuta rende impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore; vale a dire quello che, in talune pronunce (cfr. Cass. n. 15743/2023), è stato definito come dolo intenzionale, con conseguente impossibilità di attribuire rilevanza, ai fini della fattispecie di bancarotta documentale generica, anche al dolo eventuale.
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