Legittimazione processuale dell’assuntore del concordato fallimentare con limiti
Il curatore mantiene il potere di scioglimento del preliminare anche con l’esecuzione in forma specifica
Il fallimento determina, ex art. 42 del RD 267/42, la sostituzione della curatela fallimentare nei rapporti patrimoniali del fallito, realizzando un fenomeno assimilabile a quello della successione mortis causa.
Quanto ai rapporti processuali pendenti, se l’assoggettamento alla procedura interviene in corso di causa, il fallimento, in persona del curatore, subentra nella posizione del fallito, salvo che si tratti di rapporti: patrimoniali da valutare in sede di verifica del passivo della procedura; in cui la posizione del curatore – di tutela nei confronti della massa dei creditori – ne comporti la sostituzione ad altro soggetto (si pensi alla revocatoria ordinaria, che il curatore può coltivare sostituendosi al creditore istante ex art. 2901 c.c.); su diritti personali che rimangono in capo al fallito.
Se tuttavia è stato previsto un concordato fallimentare con assuntore, il terzo succede alla curatela a titolo particolare nei rapporti e nelle azioni già assunte (incluse le azioni revocatorie, se espressamente concordato; cfr. Cass. n. 17339/2015).
Ai sensi degli artt. 110 e 111 c.p.c., in particolare, il processo prosegue nei confronti del curatore, con possibilità, ma non necessità, di partecipazione anche dell’assuntore, quale successore a titolo particolare nel diritto controverso (in tal caso, la procedura, in persona del curatore, potrà essere estromessa, ex art. 111 c.p.c.; fuori da tale ipotesi, invece, essa continua a essere un “contraddittore necessario” rispetto alle domande proposte originariamente).
Se in corso di giudizio viene dichiarata la chiusura del fallimento, con ritorno in bonis del fallito, presente un concordato fallimentare con assuntore, la legittimazione processuale muta a seconda del tipo di controversia rispetto alla quale l’assuntore è successore a titolo particolare della procedura e allo stato del concordato omologato.
Quando si tratta di un rapporto o di un’azione di titolarità della procedura (di cui è intervenuta la chiusura) e il concordato omologato è ancora in corso di adempimento, resta ferma la legittimazione della curatela fino alla sua completa esecuzione, ex art. 136 del RD 267/42 (si pensi all’ipotesi in cui nel concordato sia prevista la cessione di azioni revocatorie; cfr. Cass. n. 15793/2018), quale contraddittore necessario, con possibilità di intervento dell’assuntore ex art. 111 c.p.c.
Se, invece, si tratta di un rapporto o di un’azione che già faceva capo al debitore, poi fallito, e che mantiene rilievo autonomo dalla procedura (e dalla sua chiusura), secondo la Corte di Cassazione n. 25103 del 12 settembre 2025, con il ritorno in bonis dell’originaria parte, opera una “restituzione” del rapporto (dalla curatela), attraverso un fenomeno successorio assimilabile a quello ex art. 110 c.p.c.
Ciò a prescindere dalla circostanza che sia stato trasmesso quello specifico rapporto o quell’azione all’assuntore, che resterà successore a titolo particolare (della procedura subentrata al fallito, il quale, a sua volta, dopo la chiusura, riprende la titolarità del rapporto) e quindi legittimato a intervenire ex art. 111 c.p.c.
Nel caso di specie, la vertenza impattava la domanda di esecuzione specifica ex art. 2932 c.c. di un preliminare di vendita formulata dai promissari acquirenti nei confronti del promittente alienante, poi fallito.
I giudici, al riguardo, richiamano altresì l’orientamento espresso dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 18131/2015, in forza del quale il curatore, nell’ipotesi in cui sia stata presentata una domanda di esecuzione in forma specifica anteriormente alla dichiarazione di fallimento del promittente venditore e riassunta nei confronti del curatore – parte del giudizio ex art. 43 del RD 267/42, ma terzo in relazione al rapporto controverso – mantiene la titolarità del potere di scioglimento dal contratto sulla base dell’art. 72 del RD 267/42.
Tuttavia, se la domanda è stata trascritta prima del fallimento, l’esercizio del diritto di scioglimento da parte del curatore non è opponibile nei confronti dell’attore, promissario acquirente, ex art. 2652 n. 2 c.c.
Tale domanda ex art. 2932 c.c. impedisce, quindi, al curatore di recedere dal preliminare solo nei confronti del promissario acquirente istante tale tutela e sempre che la sentenza sia stata accolta e trascritta, stante l’effetto prenotativo che attua la trascrizione.
Il giudice, pertanto, può accogliere la domanda pur a fronte della scelta del curatore di recedere dal contratto, con una sentenza che, ex art. 2652 n. 2 c.c., se trascritta, retroagisce alla trascrizione della domanda e sottrae, in modo opponibile al curatore, il bene dalla massa attiva del fallimento. Diversamente, se la domanda trascritta non è accolta, l’effetto prenotativo della trascrizione della domanda cessa, con la conseguente opponibilità all’attore della sentenza di fallimento, rendendo in tal modo efficace, nei suoi confronti, la scelta del curatore di sciogliersi dal rapporto.
La tutela del promissario acquirente di buona fede, tuttavia, viene meno in presenza di comportamenti opportunistici e in frode, restando salva la possibilità di agire con l’azione revocatoria (Cass. n. 37365/2022).
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