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Novità in materia doganale con applicazione retroattiva

Modifiche del DLgs. 192/2025 applicabili anche a violazioni commesse in vigenza del DLgs. 141/2024, purché i procedimenti non risultino conclusi

/ Ettore SBANDI

Mercoledì, 24 dicembre 2025

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La circ. n. 35/2025 dell’Agenzia delle Dogane pubblicata ieri dà esecuzione alle novità del DLgs. 192/2025, integrativo e correttivo, tra l’altro, anche in materia di confisca penale e amministrativa per le ipotesi di contrabbando per omessa dichiarazione e per dichiarazione infedele, con l’ennesimo intervento alla nuova disciplina doganale nazionale introdotta con il DLgs. 141/2024 (Disposizioni nazionali complementari al codice doganale Ue – DNC).

Il sistema si pone ora su un assetto che, da rigoroso, diventa estremamente pragmatico: in caso di contrabbando, a seconda della soglia di evasione, si applicano sanzioni penali o amministrative e, in molti casi, la misura accessoria della confisca dei beni, salvo che l’importatore non scelga, in queste ipotesi, di pagare, subito e integralmente, i diritti, le sanzioni e gli interessi. In questo caso, per le ipotesi penali (art. 112 delle DNC), il reato è estinto e non si procede alla confisca, mentre per le ipotesi amministrative (artt. 96 e 118 delle DNC), parimenti, la sanzione è ridotta in ravvedimento e la confisca evitata.

È evidente, dunque, la precisa volontà di spingere verso la chiusura immediata di ogni contesto, in favore, è certamente vero, di una deflazione del contenzioso, ma con il forte rischio di una sostanziale compressione del diritto di difesa del contribuente e, per taluni aspetti tecnici, del rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza dell’intero impianto punitivo, che pure ispirano l’intervento.

In dettaglio, la modifica della norma si innesta, infatti, in materia di contrabbando per omessa e infedele dichiarazione, seguendo i principi della Corte Costituzionale che, con la sentenza n. 93/2025, aveva censurato il sistema sanzionatorio nazionale per disparità e, di fatto, non rispetto del principio di proporzionalità, allorquando, a fronte di una evasione di IVA in dogana, oltre al tributo era applicata la confisca con la sola possibilità di riscatto integrale del bene e pagamento del tributo, mentre per lo stesso tributo, l’IVA in operazione interna, la confisca era evitabile con il solo pagamento del tributo. Di conseguenza, ora il pagamento del tributo – in dogana e non – osta sempre alla confisca.

A ciò aveva fatto seguito la discussa circolare dell’Agenzia delle Dogane n. 18/2025, ora superata, che ottemperava al dettato della Corte solo con riferimento all’IVA, in quanto tributo trattato dalla sentenza, e non anche in caso di dazi, in presenza dei quali il pagamento degli stessi, comunque, legittimava la confisca che l’operatore poteva solo evitare ripagando integralmente il valore della merce. L’effetto è, in senso pratico, che, nel caso di un’opera d’arte del valore di 100.000 euro, il pagamento dell’IVA consentiva la ripresa del bene, mentre, nel caso di un orologio dello stesso valore di 100.000 euro, la presenza di un dazio di 80 centesimi questo non consentiva.

A questa conclusione si arrivava per il tramite di una lettura, che appare forzata, dell’art. 124 del Codice doganale, norma cruciale per comprendere il contesto di questa nuova riforma e che dispone che la confisca comporti l’estinzione di una obbligazione doganale.
Alla stessa norma del CDU appare ispirata, ora, anche la riforma dell’art. 118 delle DNC in commento, che consente finalmente – come conferma la Dogana nella circ. n. 35/2025 – il pagamento di dazio e IVA (o sola IVA) per riottenere il bene, ma ammette tale facoltà solo prima che la confisca giunga, ossia nel lasso di tempo tra il fatto illecito e la sua verbalizzazione con sequestro e prima della detta confisca; di base, o si procede al pagamento integrale dei diritti in 60 giorni, o il bene è appreso dall’Erario. Se avviene la confisca, invece, si consente il riscatto delle merci confiscate in via amministrativa solo previo pagamento del valore delle stesse, dei diritti di confine dovuti, degli interessi, delle sanzioni e delle spese sostenute per la loro gestione.

Confisca per contrabbando tra dubbi di proporzionalità e ragionevolezza

I dubbi sulla tenuta della norma, però, sono almeno tre.
Anzitutto, come sopra cennato, la dubbia individuazione del termine breve per beneficiare di un principio che non è deflativo o ispirato a una logica di mero ravvedimento, ma ai più alti criteri di proporzionalità e ragionevolezza di sistema; se l’art. 124 del CDU pone il limite della confisca, per adempiere all’obbligazione doganale, non si intende chiaramente la ragione per cui essa debba intendersi definitiva anche quando essa è invece in corso di impugnazione.

In secondo luogo, se quanto precede è per lo meno sostenibile con riferimento ai dazi, tanto più vero appare essere con riferimento all’IVA, alla quale l’art. 124 del CDU non si dovrebbe applicare, appunto perché riferito ai dazi (l’obbligazione doganale); per cui, per i beni sui quali grava la sola IVA, il limite della confisca appare arbitrariamente disposto.

In ultimo, si registra forse anche una nuova disparità tra IVA interna e IVA in dogana e un cortocircuito tra ipotesi amministrative e ipotesi penali, perché nelle prime la confisca arriva temporalmente prima e il termine per pagare i diritti è breve, mentre per le ipotesi penali, dove la confisca è disposta dal giudice, i termini risultano più lunghi, a vantaggio del contravventore di un comportamento lesivo più grave, che può esperire una difesa più completa rispetto alla fase amministrativa.

Si riceve invece con grande favore il principio, espresso nella circ. n. 35/2025, per cui le disposizioni modificate, in ragione della loro natura sostanziale e di favore, trovano applicazione secondo i principi generali che regolano la successione delle leggi nel tempo, di legalità e favor rei, per cui la nuova disciplina trova applicazione non solo con riferimento alle violazioni commesse successivamente alla data del 20 dicembre 2025, ma anche in relazione alle violazioni commesse in vigenza del DLgs. 141/2024, purché i relativi procedimenti amministrativi (si deve intendere giudiziali) non risultino definitivamente conclusi alla medesima data.

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