Il periodo di prova non rende precario il rapporto di lavoro
La sentenza della Cassazione n. 21360 pubblicata ieri riguarda le condizioni per accedere ai benefici previsti dal decreto interministeriale del 22 aprile 2013 in favore dei c.d. esodati salvaguardati, vale a dire di coloro che, avendo maturato i requisiti per il pensionamento successivamente al 31 dicembre 2011, non abbiano potuto ottenere la pensione per effetto delle riforme intervenute in materia pensionistica (si ricorda che il citato decreto ha dato attuazione alle disposizioni di cui all’art. 1 commi 231 e 233 della L. 228/2012 – legge di stabilità 2013).
L’art. 2 lett. c) del decreto include tra gli esodati salvaguardati i lavoratori che hanno risolto il rapporto di lavoro entro il 30 giugno 2012 in ragione di accordi individuali o in applicazione di accordi collettivi di incentivo all’esodo stipulati entro il 31 dicembre 2011, a condizione che non abbiano svolto, dopo la cessazione, attività riconducibile a un rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato.
Nel caso di specie, il lavoratore aveva risolto il rapporto di lavoro con il precedente datore con decorrenza dal 31 dicembre 2011, instaurando un nuovo rapporto a tempo indeterminato con un’altra società il 6 febbraio dell’anno successivo. Tale rapporto, cui era stato apposto un periodo di prova, era poi cessato per mancato superamento della prova stessa.
I giudici hanno chiarito che, secondo un’interpretazione letterale della norma, avendo il dipendente instaurato un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, non ricorrevano le condizioni per accedere ai benefici di cui al decreto in questione, ciò in quanto la previsione di un periodo di prova non muta la natura del rapporto di lavoro, che rimane a tempo indeterminato. Il rapporto di lavoro sottoposto a un periodo di prova non è, così, equiparabile a un rapporto di lavoro a termine, come aveva invece sostenuto il lavoratore.
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