Illegittima la limitazione operata dall’INPS all’ambito soggettivo del premio di natalità
La Suprema Corte, con la sentenza n. 10728 di ieri, 22 aprile 2024, ha stabilito che il diritto a percepire il premio di natalità di cui all’art. 1 comma 353 della L. 232/2016 non può essere legittimamente circoscritto dall’INPS.
Ai sensi della citata disposizione, è prevista la corresponsione di un premio in unica soluzione pari a 800 euro alla nascita o all’adozione di un minore, su domanda della futura madre, al compimento del settimo mese di gravidanza o all’atto di adozione. La Cassazione, richiamando il testo della legge, unitamente al criterio di gerarchia delle fonti del diritto, ha respinto il ricorso promosso dall’INPS che, per mezzo delle proprie circolari nn. 39 e 61 del 2017, aveva limitato la fruibilità del premio di natalità, ancorandola al possesso di requisiti soggettivi ulteriori, non previsti dal dettato legislativo, quali l’essere cittadino dell’Unione europea ovvero detentore di un permesso di soggiorno di lungo periodo.
Secondo i giudici di legittimità, nessun requisito soggettivo è stato previsto dal legislatore, se non quello di essere gestante, genitrice o adottante. A fronte di ciò, la Corte rileva come alcuna norma di secondo rango possa modificarne o derogarne il contenuto. Le circolari amministrative dell’INPS sono atti normativi interni, che possono indirizzare e guidare in modo uniforme l’attività degli organi periferici dell’ente, non potendo invece limitare o modificare quanto la legge ha previsto con riferimento al riconoscimento del diritto alla corresponsione di una provvidenza.
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