Dalla trasmissione irregolare di un’istanza all’INPS non ne deriva l’inesistenza
Con l’ordinanza n. 17159 di ieri, la Corte di Cassazione ha affermato che l’istanza amministrativa trasmessa all’INPS con modalità difformi da quelle individuate dall’Istituto non è inesistente e non inficia, dunque, di per sé la proponibilità della successiva domanda giudiziale se risulti idonea a realizzare lo scopo prefigurato dalla legge.
Nel caso di specie, un’istanza di trasformazione dell’assegno di invalidità in pensione di vecchiaia era stata inoltrata all’INPS via PEC e non mediante il canale telematico a tal fine predisposto dall’Istituto. I giudici di merito ne avevano quindi affermato l’inesistenza giuridica e avevano dichiarato inammissibile il successivo ricorso in giudizio, in virtù del fatto che per le controversie previdenziali la preventiva presentazione della domanda amministrativa rappresenta condizione di proponibilità della domanda giudiziale.
I giudici di legittimità, nel richiamare i propri precedenti sull’interpretazione dell’art. 20 comma 3 del DL 78/2009 (conv. L. 102/2009) – secondo cui dal 1° gennaio 2010 la presentazione all’INPS delle domande volte a ottenere benefici in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, va fatta secondo le modalità stabilite dall’ente medesimo - hanno affermato che l’INPS non può stabilire nuove condizioni di proponibilità della domanda.
Tali condizioni, oltre a essere previste dalla legge, devono infatti considerarsi tassative ed essere intese in senso sia conforme sia proporzionato alla ratio che le ispira.
L’irregolare trasmissione di un’istanza amministrativa, che comunque pervenga nella sfera di conoscenza dell’INPS, non è pertanto una fattispecie automaticamente equiparabile all’omessa presentazione dell’istanza stessa.