Nuove modifiche per il riporto delle perdite fiscali
Il DL fiscale rivede la disciplina introdotta dal DLgs. 192/2024 per le fusioni e le acquisizioni accompagnate da modifiche dell’attività
Stando alle bozze circolate, con l’art. 2 del decreto fiscale, in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, vi sono alcuni interventi di una certa significatività sulla disciplina del riporto delle perdite fiscali nelle operazioni straordinarie, oggetto di una revisione sistematica con l’art. 15 del DLgs. 192/2024.
La prima azione riguarda la quantificazione delle perdite riportabili. Come si ricorderà, infatti, sia l’art. 84 comma 3-ter del TUIR (per il caso delle operazioni con le quali viene trasferito il controllo e modificata l’attività), sia l’art. 172 comma 7 del TUIR (per il caso delle fusioni, ma i cui principi sono estesi alle scissioni in virtù del richiamo operato dall’art. 173 comma 10), mantengono fermo il principio per cui le perdite sono riportabili agli esercizi successivi nel limite del patrimonio netto contabile, “depurato” dei versamenti e dei conferimenti degli ultimi 24 mesi.
A questa opzione si è però affiancata quella per cui, in luogo del patrimonio netto contabile, è possibile usare il patrimonio netto a valori reali, certificato da una relazione di stima. In questo caso, le norme originarie introdotte dal DLgs. 192/2024 prevedevano che, in presenza di versamenti e di conferimenti negli ultimi 24 mesi, le perdite dovessero essere ridotte di un importo pari al prodotto tra la somma di tali conferimenti e versamenti e il rapporto tra il valore economico del patrimonio e il valore del patrimonio netto contabile. La ratio di tale previsione pareva individuarsi nella volontà di assicurare che, posto ad esempio un valore economico della società doppio rispetto al suo valore contabile, la riduzione dovuta ai versamenti e conferimenti degli ultimi 24 mesi portasse a un dato di perdite riportabili altrettanto doppio, e non superiore.
Posto ad esempio un patrimonio netto assunto in 1,5 milioni di euro a valori contabili e in 3 milioni di euro a valori reali e versamenti negli ultimi 24 mesi per 150.000 euro:
- se si prende a riferimento il patrimonio netto a valori contabili, le perdite riportabili ammontavano a 1.350.000 euro (1.500.000 – 150.000);
- se, invece, si utilizza il valore economico, le perdite riportabili ammontavano a 2.700.000 euro, importo dato dalla seguente operazione: 3.000.000 - [150.000 x (3.000.000/1.500.000)].
Questo procedimento viene meno con le modifiche del decreto fiscale. Sia nel caso del trasferimento del controllo, sia nelle fusioni, viene infatti previsto che, ove sia utilizzato il patrimonio netto a valori reali certificato da perizia di stima, la riduzione è pari al doppio dei versamenti effettuati negli ultimi 24 mesi. Nell’esempio di cui sopra non si registrerebbero differenze, in quanto la riduzione sarebbe sempre pari a 300.000 euro; al contrario, dovrebbero avvantaggiarsi della modifica le società il cui patrimonio netto a valori reali ammonta a più del doppio di quello contabile e, al contrario, perderci quelle il cui patrimonio netto reale non eccede il doppio del dato contabile.
La modifica è in realtà motivata dalla Relazione illustrativa al DL alla luce dell’esigenza di evitare che versamenti e conferimenti degli ultimi 24 mesi superiori al dato del patrimonio netto contabile azzerino il dato delle perdite riportabili anche se viene utilizzato il criterio del valore economico. La riduzione in termini doppi rispetto al valore nominale dei versamenti è giustificata alla luce del rapporto tra il rendimento richiesto per detenere titoli azionari rispetto al tasso risk free dei titoli di Stato.
La seconda modifica operata dal decreto fiscale ha invece portata innovativa, stabilendosi, con una integrazione all’art. 176 del TUIR, che alla società conferitaria si applicano le disposizioni dell’art. 173 comma 10. Di fatto, le perdite della società destinataria di un conferimento d’azienda sono parificate, ai fini della disciplina del riporto, a quelle della società beneficiaria della scissione, e quindi anche in tal caso vincolate alla “vitalità” e alla congruità del patrimonio netto.
Anche in questo caso richiamando la Relazione illustrativa, si tratta di un intervento che prende le mosse dalla constatazione per cui anche il conferimento d’azienda dovrebbe essere collocato nell’alveo delle operazioni potenzialmente suscettibili di generare un commercio indebito di bare fiscali, e ciò indipendentemente dal fatto che con il conferimento medesimo si sia modificato il soggetto controllante della conferitaria.
Anche a tale fattispecie è comunque estesa la tutela prevista dall’art. 177-ter del TUIR per le operazioni infragruppo, la quale assicura la disapplicazione dei limiti e delle condizioni al riporto per le perdite realizzate quando le società partecipanti erano già appartenenti allo stesso gruppo e per le perdite “omologate”.
Tutte le novità sin qui brevemente descritte si applicano alle operazioni effettuate dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024: le modifiche, in altre parole, intervengono con la stessa decorrenza delle norme originarie dell’art. 15 del DLgs. 192/2024, le quali dovrebbero dirsi emendate ab origine. Resta un potenziale problema per i conferimenti d’azienda, posto che le modifiche in tema dovrebbero assumere portata sostanziale e potrebbero profilare una possibile incompatibilità con il divieto alla retroattività delle norme tributarie sancito dall’art. 3 della L. 212/2000.
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