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IMPRESA

Bancarotta documentale semplice se si tiene solo la contabilità fiscale semplificata

Di recente la Cassazione si è nuovamente pronunciata in tal senso

/ Luciano DE ANGELIS

Venerdì, 5 settembre 2025

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In una società di persone di piccole dimensioni la mera tenuta di una contabilità semplificata espressamente prevista dal legislatore fiscale configura, in caso di liquidazione giudiziale della stessa, il reato di bancarotta semplice documentale in capo all’amministratore.
È quanto ha disposto la sentenza della Cassazione n. 16005/2025.

La pronuncia riguardava una società in accomandita semplice assoggettata a fallimento (oggi liquidazione giudiziale). La vicenda nasceva dalle incompletezze della contabilità tenuta dalla società nell’anno 2013, nonché della mancanza di ogni libro obbligatorio negli anni successivi (dal 2014 al 2016) fino al fallimento della società.
La sentenza d’appello, che confermava quella in primo grado, veniva impugnata in Cassazione, ove sono state confermate le disposizioni delle sentenze di merito.
Veniva quindi confermato in capo all’amministratore il reato di bancarotta semplice documentale (ex art. 217 comma 2 del RD 267/42, oggi ex art. 323 comma 2 della nuova legge sulla crisi d’impresa), con condanna a un anno e quattro mesi di reclusione inflitta alla titolare della sas.

Il problema riguarda il netto contrasto fra le disposizioni del legislatore fiscale e quelle del legislatore civile.
Mentre, infatti, per il primo, l’art. 18 del DPR 600/73 prevede per le imprese c.d. “minori” (individuali o nella forma di snc e sas) – che con i loro volumi di affari relativi all’anno iniziale dell’attività o a quello precedente rispetto a quello in corso non abbiano superato 500.000 euro, se esercenti attività di prestazione di servizi, e 800.000 euro, se esercenti altre attività d’impresa – la tenuta di una contabilità “semplificata” (in pratica una mera comparazione di ricavi e costi), tale possibilità non è prevista dal legislatore civile.
Quest’ultimo, all’art. 2214 c.c., prevede per ogni imprenditore che eserciti un’attività commerciale, sia in forma individuale che societaria, di tenere il libro giornale e il libro degli inventari; libri del tutto assenti nella contabilità semplificata.

D’altro canto lo stesso comma 1 dell’art. 18 del DPR 600/73 fa salvi “gli obblighi di tenuta delle scritture previste da disposizioni diverse dal presente decreto”, con inclusione, nell’eccezione, anche dell’art. 2214 c.c., che imporrebbe, quindi, la tenuta del libro giornale e del libro degli inventari anche nel caso di contabilità (fiscalmente) semplificate; libri che, tuttavia, nella pratica operativa, non vengono mai istituiti.

L’arresto in commento si pone nell’ambito di un filone giurisprudenziale ormai costante secondo il quale il regime tributario di contabilità semplificata, previsto per le cosiddette imprese minori, non comporta l’esonero dall’obbligo di tenuta dei libri e delle scritture contabili previsto dall’art. 2214 c.c., con la conseguenza che il suo inadempimento può integrare la fattispecie incriminatrice del reato di bancarotta documentale semplice (cfr. Cass. n. 21861/2024).
L’assioma, si diceva, è ormai pacifico nella giurisprudenza di legittimità, visto che, nell’ultimo decennio, la Cassazione si è pronunciata in modo sostanzialmente univoco a riguardo (tra le altre, Cass. nn. 22630/2023, 33878/2017 e 55030/2016).

Per completezza, peraltro, va segnalato come in alcune occasioni la Suprema Corte abbia chiamato in causa gli imprenditori in contabilità semplificata non per il reato di bancarotta semplice, ma per quello, più grave, di bancarotta documentale fraudolenta di cui all’art. 216 comma 1 n. 2 del RD 267/42 (oggi art. 322 comma 1 lett. b) dell’attuale Codice della crisi).
Quanto sopra è stato sentenziato dalla Suprema Corte laddove la mancata tenuta di contabilità si è ritenuta preordinata a rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio dell’imprenditore (recentemente in tal senso, ad esempio, Cass. nn. 22332/2025 e 1556/2019).

Disallineamento tra normativa fiscale e civile

Alla luce di quanto esposto, il disallineamento fra la normativa fiscale e quella civile appare di lapalissiana chiarezza. Sarebbe quindi opportuno, ad avviso di chi scrive, che le disposizioni dianzi evidenziate siano modificate creando parametri univoci al di sotto dei quali la contabilità semplificata sia ammissibile anche dal legislatore civilistico. In tal modo si eliminerebbe un problema, non di poco conto, che al momento investe molte imprese di piccola dimensione.

La pronuncia sarà oggetto di approfondimento nel numero di settembre della Rivista “Società e Contratti, Bilancio e Revisione”.

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