Natura dello studio professionale rilevante per il conferimento in STP
Secondo l’analisi delle massime dei notai del Triveneto la disciplina applicabile cambia a seconda che lo studio abbia o meno natura di azienda
Sarà presentato sabato prossimo l’aggiornamento di ottobre 2025 degli orientamenti del Comitato triveneto dei notai in materia di atti societari, che tratta anche di società tra professionisti (Q.A.).
Nello specifico, l’attenzione è sul conferimento in società tra professionisti dello studio professionale, tema diventato di stretta attualità a seguito dell’introduzione nel corpo del TUIR dell’art. 177-bis ad opera del DLgs. 192/2024, in attuazione della legge delega per la riforma fiscale.
In via preliminare, i notai si interrogano sulla natura o meno di azienda dello studio professionale (massima Q.A.20). E concludono che lo studio può avere natura di azienda, ai sensi dell’art. 2238 c.c., quando la prestazione professionale “costituisce solo uno degli elementi dell’attività organizzata in forma di impresa”, vale a dire quando “il complesso unitario di attività materiali e immateriali organizzato dal professionista è in grado di generare un proprio avviamento che prescinda, in tutto o in parte, dal suo titolare”.
Sul punto, vale la pena ricordare che il già richiamato art. 177-bis comma 1 del TUIR ha introdotto una definizione fiscale di studio professionale (“complesso unitario di attività materiali e immateriali, inclusa la clientela e ogni altro elemento immateriale, nonché di passività, organizzato per l’esercizio dell’attività artistica o professionale”), a differenza di quanto fatto dal legislatore con riguardo all’azienda, oggetto di richiamo in numerose disposizioni fiscali con rinvio all’art. 2555 c.c.
Qualora lo studio abbia natura di azienda (massima Q.A.21), si applicano al conferimento dello studio professionale in STP le disposizioni degli artt. 2557 e ss. c.c.:
- è previsto il subentro della STP nei contratti con fornitori o di locazione dei beni strumentali senza necessità del consenso dei contraenti ceduti, salvo il diritto di recesso ex art. 2558 comma 2 c.c.; non è possibile il subentro nei contratti che abbiano carattere personale aventi ad oggetto la prestazione intellettuale;
- la STP risponde dei debiti che risultano dalle scritture contabili ex art. 2560 c.c., mentre lo studio non è liberato dai debiti anteriori se non risulta il consenso dei creditori;
- i rapporti di lavoro continuano in capo alla STP nei termini e con le modalità dell’art. 2112 c.c.; pertanto il lavoratore conserva tutti i diritti che derivano dal rapporto di lavoro, mentre lo studio e la STP sono obbligati in solido per tutti i crediti che i lavoratori avevano al momento del conferimento;
- è possibile valorizzare un avviamento, di cui la clientela “costituisce oggettivamente solo un elemento”, il cui trasferimento – secondo i notai – “sarebbe impossibile sotto il profilo giuridico con riferimento ad un’attività professionale intellettuale” (sul punto si veda però Cass. 9 febbraio 2010 n. 2860).
Tale disciplina non trova applicazione qualora, invece, lo studio professionale non abbia natura di azienda (massima Q.A.22); si applica, in tal caso, la disciplina propria di ogni bene conferito e la STP potrà subentrare nei contratti solo se è prevista la facoltà di cessione o in caso di consenso del contraente ceduto.
Le passività potranno essere assunte dalla STP solo per effetto di delegazione di pagamento, espromissione o accollo, mentre i rapporti di lavoro proseguiranno con la STP nei termini e con le modalità previste dall’art. 2112 c.c.
Da ultimo, la massima Q.A.23 considera legittimo, nel rispetto dei patti associativi, il conferimento in STP da parte di un professionista della propria posizione partecipativa in una associazione professionale, con la conseguenza che la STP diventerà associata dello studio.
Sul punto si segnala la posizione contraria del CNDCEC espressa con i Pronto Ordini n. 169/2018 del 18 marzo 2019 e n. 205/2020 del 2 marzo 2021.
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