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Per definire la lite tutti i cobbligati devono presentare domanda

La prassi ritiene necessaria la domanda solo per scomputare le somme

/ Alfio CISSELLO

Martedì, 28 ottobre 2025

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Ai sensi dell’art. 6 comma 14 del DL 119/2018, “la definizione perfezionata dal coobbligato giova in favore degli altri, inclusi quelli per i quali la controversia non sia più pendente, fatte salve le disposizioni del secondo periodo del comma 8”. Si tratta di un principio pacifico comune a tutte le definizioni delle liti pendenti. Non a caso, analoga norma si rinviene nell’art. 11 comma 11 del DL 50/2017 e nell’art. 1 comma 202 della L. 197/2022.
Rimane fermo che in nessun caso la definizione dà luogo alla restituzione di importi ormai pagati.

La Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 28314 del 24 ottobre 2025, ha sancito che, onde beneficiare degli effetti della definizione, in sostanza tutti i coobbligati devono presentare domanda.
Ciò in quanto in tema di definizione delle liti pendenti ogni controversia dà luogo a una distinta lite e necessita di una distinta domanda. Per i giudici, in sostanza, “L’unico punto di riferimento univoco per accedere alla procedura clemenziale e, se del caso, lucrarne i benefici riflessi provocati da terzi, è la presentazione di una valida domanda o istanza di adesione che dir si voglia”.

La decisione non convince, per le ragioni seguenti.
In primo luogo, è ben vero che in base al dato normativo ogni lite presuppone una distinta domanda, ma ciò sembra riferirsi più che altro al caso in cui il contribuente abbia impugnato con un ricorso più atti o, in special modo, al caso dei ricorsi riuniti ai sensi dell’art. 29 del DLgs. 546/92.

Dal punto di vista processuale, anche in caso di atti notificati ai distinti coobbligati ci sono tante liti quanti sono i ricorsi, ma l’atto è pur sempre unico. Lo stesso vale quando, come nel caso oggetto della pronuncia, ci sia “equivocità della dicitura coobbligato” (la fattispecie riguardava il peculiare caso della responsabilità tra sostituto e sostituito nelle ritenute a titolo di acconto).
Ci possono essere in questo caso distinte sanzioni (dichiarazione infedele per il sostituito, omessa applicazione della ritenute e infedele modello 770 per il sostituto), ma il pagamento della ritenuta/imposta non può essere di certo preteso due volte.
Pretendere che entrambi i coobbligati debbano presentare domanda appare eccessivo.

Se è vero che (secondo la tesi preferibile) il coobbligato dovrebbe beneficiare degli effetti della definizione posta in essere dall’altro coobbligato, è del pari vero che se chi ha presentato domanda non onora le rate, il residuo potrà essere escusso nei confronti di entrambi rimanendo intatti gli effetti della definizione, ma questo è un altro discorso.
Senza contare che il principio della Cassazione potrebbe dare luogo a scenari difficilmente gestibili.
Prescindendo dal caso di specie, ipotizziamo che un coobbligato presenti domanda e che paghi solo la prima rata. La definizione è per questi di certo perfezionata (essa si perfeziona non con il pagamento di tutte le somme ma della prima rata), quindi si ci chiede se per l’altro (che non ha presentato domanda) il processo prosegue come se nulla fosse. E se, per ipotesi, il coobbligato che non ha presentato domanda vincesse, nulla dovrebbe pagare nonostante la definizione, ormai perfezionata, posta in essere dall’altro coobbligato?

La decisione non pare in linea con il dato normativo

Premesso tanto, la necessità, sostenuta dalla Cassazione, che ogni coobbligato presenti domanda di definizione si scontra anche con il dato normativo, che prevede l’estensione della definizione quand’anche per uno dei coobbligati la controversia non sia pendente. In questo caso, anche volendo non sarebbe possibile presentare alcuna domanda di definizione.

La prassi, eccezion fatta per lo scomputo delle somme, ha specificato che in presenza di diverse liti “la definizione perfezionata da uno degli interessati estende i suoi effetti anche sulle altre controversie. Ne consegue che l’Ufficio, una volta verificata la regolarità della definizione, avrà cura di chiedere la cessazione della materia del contendere anche in ordine alle altre controversie, instaurate dai coobbligati ed aventi ad oggetto lo stesso atto” (circ. Agenzia delle Entrate 28 luglio 2017 n. 22, § 6.1.1).

La domanda, ad avviso della prassi, è però necessaria ai fini dello scomputo delle somme da pagare per la definizione. Precisamente, “ciascun coobbligato solidale che decide di avvalersi della definizione non potrà scomputare dalle somme dovute per la definizione i versamenti già effettuati a titolo provvisorio dagli altri coobbligati che non si siano avvalsi personalmente della definizione” (circ. Agenzia delle Entrate 1° aprile 2019 n. 6, § 7.1.1).

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