Formazione continua: l’utilità è dubbia e la sanzione sproporzionata
Caro Direttore,
l’articolo pubblicato oggi (ieri per chi legge, ndR: si veda “Formazione professionale continua senza uniformità”), a firma Michela Damasco, mi induce a superare una mia accidia partecipativa alle vicende dell’Ordine e a riprendere alcune righe di commento scritte dopo aver letto della professione di fede per la c.d. “formazione professionale continua” espressa dal Presidente dell’Ordine di Parma nel febbraio scorso.
Non credo e non ho mai creduto che l’iniziativa garantisca quell’adeguata preparazione professionale che si può avere solamente con il vero studio.
E il vero studio non può ridursi ad essere inteso come mera formalità della raccolta di 30 o 90 punti, passando quattro ore, un pomeriggio, ad ascoltare, magari distrattamente, una relazione su un tema.
Preparazione è studio, ma studio è altra cosa rispetto al “rito collegiale” che la norma istitutiva della formazione professionale continua vuole spacciare per tale.
Ma chi mi vuol far credere che la partecipazione alla formazione professionale continua non sia indotta, in modo preminente se non esclusivo, dalla preoccupazione di raggiungere il numero prescritto di punti per completare la “raccolta punti”?
Quale spazio la formazione professionale continua riserva alle riviste e ai libri?
Chi scrive è convinto, sulla base dell’esperienza vissuta, che la vera preparazione consegua allo studio e il miglior studio vada coltivato sui testi: libri e riviste.
Voglio tralasciare considerazioni sulla qualità degli “eventi”: ho ritenuto di scarso interesse e rilievo la maggior parte di quelli a cui ho partecipato, con relatori che inducevano a un appisolamento pomeridiano. Personalmente, nel corso del 2010, ho seguito tre soli convegni meritevoli di partecipazione, uno dei quali non era nemmeno “accreditato” di punti.
Continuando a esimermi, volutamente, da più articolate e profonde argomentazioni per esprimere la mia riserva critica sull’utilità del programma di formazione professionale continua, concludo limitandomi a un’altra domanda: esiste un rapporto di equilibrio tra la violazione (solamente mancata partecipazione, non traducibile automaticamente in impreparazione) e la sanzione (sospensione fino a 12 mesi dall’esercizio della professione, che invece vuol significare impreparazione e inadeguatezza a quell’esercizio)?
Claudio Caleffi
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Reggio Emilia