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EDITORIALE

L’ennesimo colpo di scena sui condoni IVA 2002

/ Enrico ZANETTI

Giovedì, 8 settembre 2011

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Per i soggetti che hanno aderito al condono di cui alla L. 27 dicembre 2002, n. 289, i termini per l’accertamento ai fini dell’imposta sul valore aggiunto pendenti al 31 dicembre 2011 sono prorogati di un anno.
È con l’aggiunta di questa frase alla fine del comma 5-ter dell’art. 2 della manovra-bis che, in piena zona Cesarini, il Governo si gioca un jolly non da poco.
O meglio: si assicura la possibilità di poterselo eventualmente giocare fino a tutto il 2012, tutelandosi al contempo da eventuali “contropiedi” a tempo scaduto da parte dei contribuenti.

La vicenda che sta dietro a queste brevi righe è nota agli addetti ai lavori, ma è talmente surreale e sorprendente che è sempre un piacere, anche per chi già la conosce, sentirla raccontare una volta di più.
Nel 2002, con la legge 289, vengono varati i mille e un condoni fiscali per i periodi di imposta fino al 2001, poi estesi pure al periodo 2002 con una legge dell’anno successivo, che per tutto il resto rinvia alla 289.
Nel 2006, dopo il consueto passaggio da un eccesso all’altro, si assiste all’introduzione di una norma che dispone il raddoppio dei termini di accertamento fiscale ogni qual volta la violazione suscettibile di contestazione presenti i requisiti per essere, oltre che un illecito amministrativo, anche una fattispecie penalmente rilevante.

Nel mentre, la Corte di Giustizia europea fa quello che deve ed afferma ciò che molti esperti di diritto tributario avevano sospettato fin dal principio: ai fini IVA il condono è tamquam non esset, perché si tratta di un’imposta comunitaria, delle cui sorti i singoli Stati membri non hanno potestà decisionale al di fuori dei rigidi paletti fissati dalle direttive europee.
Ecco allora che, per l’ultimo anno condonabile, ossia il 2002, i termini di accertamento, in scadenza al 2007, si estendono fino al 2011, se l’evasione IVA, “autodenunciata” con il condono privo di effetti, è tale da integrare gli estremi del reato.

La situazione è talmente paradossale da essere vissuta come fonte di imbarazzo e non come un’opportunità persino dall’Amministrazione finanziaria che, infatti, evita di buttarcisi sopra a capofitto con l’entusiasmo delle occasioni migliori.
Anche se, qua e là, qualche sparuto accertamento parte comunque.
La scappatoia, per sistemare gli imbarazzi degli uni e le paure degli altri, sembra quella di interpretare la norma del 2006, sul raddoppio dei termini, nel senso che il raddoppio è possibile solo se il termine ordinario non è già scaduto.
In altre parole: se il reato penale viene scovato entro il 2007, allora scatta il raddoppio e c’è poi tempo per accertare fino al 2011; se però il 2007 è già passato, tanti saluti e tutti amici come prima.

Lo scorso 25 luglio 2011 la Corte costituzionale, investita della questione, afferma però che non e’ così: il raddoppio implica che, per quello che qui ci interessa, fino al 2011 i giochi sono apertissimi (si veda “Raddoppio dei termini anche per gli anni già decaduti” del 26 luglio 2011).
Difficile avviare una massiccia campagna di accertamento nei confronti di chi si è fidato di una promessa dello Stato, tanto più se a dirigere le operazioni c’è quella stessa compagine di Governo che quella promessa l’ha maldestramente formalizzata in legge.
Le somme in ballo sono però talmente rilevanti che, in tempi di autentica disperazione da quadratura contabile come questi, diventa un vero e proprio delitto lasciar passare questo treno per sempre.
Ecco allora una bella proroga di un anno del termine di accertamento ai fini IVA in scadenza al 31 dicembre 2011, pensata tra le righe proprio per i soggetti che si sono avvalsi del condono “farlocco” ai fini di questa imposta.
Per il milione scarso di contribuenti che vi aderì, ancora un anno di passione.

La mossa del Governo potrebbe essere letta in chiave difensiva

Forse, però, se può aiutare a tranquillizzarli, la mossa del Governo potrebbe anche essere letta in chiave puramente difensiva.
Infatti, posto che la dichiarata inefficacia del condono IVA potrebbe dare luogo, a chi vi aderì, al diritto di chiedere, entro il termine di prescrizione decennale, la ripetizione delle somme versate per aderire ad un condono che non c’è poi stato, lo Stato si cautela con questa mossa da richieste di rimborso che fino ad ora tutti si sono ben guardati dal fare, ma che potrebbero diventare interessanti una volta spirati definitivamente i termini per l’accertamento fiscale.
Della serie: se proprio non arrivo alla disperazione più nera, non ti accerto perché ammetto che questo autentico delirio è colpa mia; se però osi addirittura chiedermi il rimborso per l’imposta da condono inutilmente versata, occhio che ti restituisco lo sgarbo moltiplicato per cento volte.

Insomma, il classico rapporto tra Stato e cittadino basato, in Italia, sul reciproco rispetto e la reciproca fiducia.
Peraltro, resta da vedere se questa norma dell’ultimo secondo sarà davvero in grado di conseguire i nobili intenti che il legislatore con essa si prefigge.
La Corte costituzionale, nella sentenza già citata dello scorso 25 luglio 2011, ha infatti sottolineato che la norma sul raddoppio dei termini di accertamento, in presenza di reati penali, ha natura speciale, tale per cui non è ipotizzabile il suo cumulo con altre disposizioni che stabilissero ulteriori proroghe su una medesima fattispecie.
La questione è da sviscerare con calma, essendo possibili interpretazioni diverse, ma è indubbio che sarebbe davvero il massimo assistere a un’incredibile vicenda, aperta con la testarda approvazione di una norma incompatibile con i principi comunitari, che viene chiusa con la frettolosa introduzione di una norma che magari potrebbe risultare incompatibile con i principi costituzionali.

E poi dicono che la vita del fiscalista è grigia e noiosa.

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