È la passione la molla per fare questo lavoro
Spettabile Redazione,
sono iscritta all’Albo di Milano ormai da più di cinque anni e sono tra quei “fortunati” che hanno passato l’esame in Università Cattolica al primo colpo grazie al fatto che sono usciti dei temi di cui, pur non avendo visto l’applicazione pratica nella mia esperienza professionale, avevo studiato la parte teorica.
Ho letto quanto scritto dal dott. Pozza (si veda “Aboliamo l’esame di Stato: che sia il mercato a valorizzare la preparazione”) e desidero dire al futuro collega che, se si scoraggia solo per non aver passato l’esame di Stato al primo colpo (diversi miei amici che avevano studiato con me non l’hanno passato nella mia stessa sessione, ma solo in un secondo momento), è meglio che si prepari: l’esame di Stato non è che il primo di una lunga serie di “scalini” che bisogna salire per arrivare alla meta.
Anch’io, quando ero praticante, ho sempre visto l’esame come un traguardo, ma oggi posso affermare che, purtroppo, quello è solo il punto di partenza. Questo perché per chi, come me, non è figlio di un commercialista e vive solo del frutto del proprio lavoro (non sono figlia di una famiglia benestante), diventare commercialista significa cercare sul campo nuovi clienti, ottenerne il mandato (che non è di per sé così facile), mantenerli, farsi pagare e nel frattempo collaborare con studi più grandi per potersi mantenere.
Non è facile perché all’inizio, seppure in condivisione, non ti puoi permettere una struttura tua se non hai qualcuno alle spalle che ti mantenga. Non è facile anche perché, oggi, la concorrenza è tanta e se non ti mostri più che preparato e non fai un prezzo concorrenziale, il cliente, piuttosto che venire da te, si affida a chi ha già uno studio ben avviato.
E quand’anche riuscissi a trovare i clienti e a farti firmare il mandato, può succedere che dopo qualche anno se ne vadano, perché hanno trovato qualcuno che li fa spendere meno.
Portare i clienti in studio? Non sempre si ha la fortuna di incontrare le condizioni per porterlo fare.
Ma se, nonostante tutte queste difficoltà, dalla mattina alla sera la giornata ti vola e non ti pesano le ore di lavoro e trovi soddisfazione nello svolgere questo mestiere, beh, allora hai la consapevolezza che non potresti fare altro che questo.
Non devono essere solo i risultati a darti la spinta per fare questa professione, perché spesso non corrispondono all’impegno profuso, né tantomeno – ahimè – il ritorno economico, che arriverà solo nel lungo periodo, ma sono l’amore e la passione che provi per questo lavoro.
Per concludere: i momenti di scoraggiamento ci sono e ci saranno sempre (purtroppo) nella vita professionale perché, come in ogni altro ambito della vita, ci sono gli alti e i bassi, ma non bisogna mai lasciarsi abbattere dalle difficoltà.
Avanti, con forza e coraggio.
Cristina Sterza
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano
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