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EDITORIALE

Dai dati delle entrate tributarie, il segnale dell’avvitamento del Paese

/ Enrico ZANETTI

Mercoledì, 6 giugno 2012

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Il Dipartimento delle Finanze e la Ragioneria di Stato hanno diramato i dati relativi all’andamento delle entrate tributarie nei primi quattro mesi del 2012. Il responso è che, nonostante siano in aumento rispetto al 2011, sono comunque inferiori a quelle che erano state messe a preventivo.

I 117.030 milioni di euro di entrate determinano infatti un aumento pari all’1,3% rispetto al corrispondente dato del 2011 (addirittura un +2,5% se si considera il dato del primo quadrimestre 2011 al netto dell’entrata una tantum rappresentata dall’imposta sostitutiva sui contratti di leasing immobiliari già in corso al 1° gennaio 2011), ma determinano anche la constatazione che mancano all’appello 3.774 milioni di euro rispetto alle entrate che erano state messe a budget dal Documento Economico Finanziario approvato appena lo scorso 18 aprile 2012.
La parte del leone, in questo amaro “buco”, la fa l’IVA: ben 2.903 milioni di euro dei 3.774 mancanti rispetto alle (recentissime) previsioni sono riconducibili al gettito di questo tributo.

È purtroppo l’indizio più chiaro di come queste “minori-maggiori” entrate non siano dovute ad altro che ad una “maggiore-minore” tenuta dell’economia. Non c’è un modo diverso di dirlo: ci stiamo avvitando.
Più pressione fiscale porta più recessione; più recessione porta meno entrate; meno entrate portano più aumenti di pressione fiscale.
E il giro ricomincia, ogni volta su un gradino più basso.

Era ampiamente prevedibile.
Di più: era a dir poco certo, una volta preso atto che il Decreto “Salva Italia” non era finalizzato a salvare il Paese, puntellando lo Stato solo per il tempo tecnico necessario a ridisegnarlo, bensì era finalizzato a preservare il più possibile lo Stato “visto e piaciuto” a spese del Paese.
L’unica cosa che può spezzare questo circolo vizioso è un intervento sul lato della spesa pubblica a dir poco radicale, così da poter scongiurare l’aumento dell’IVA calendarizzato per il prossimo 1° ottobre (servono 4 miliardi sul 2012, più altri 12 dal 2013) e intervenire pure sull’IRAP (servono circa 25 miliardi per azzerare il tributo sul settore privato).

L’unica via per far crescere il Paese è la decrescita dello Stato

È chiaro che interventi di questa portata sulla spesa determinerebbero, nell’immediato, un vero e proprio choc anche sul livello del PIL.
È però altrettanto chiaro che, dando per assodata l’impossibilità di fare nuovo debito, l’alternativa è quella di arrivare, alla fine del percorso di avvitamento che stiamo vivendo, allo stesso identico livello.
Solo che nel giro di qualche anno (salvo default), con un’economia ancora più prostrata e nessuno choc, questa volta positivo, sul fronte della pressione fiscale.
Non sarà mai troppo tardi quando un Governo capirà (o smetterà di fingere di non capire) che l’unico modo per adoperarsi per la crescita del Paese è occuparsi della decrescita dello Stato.

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