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EDITORIALE

Se manca il pane la colpa è dei fornai

/ Giancarlo ALLIONE

Martedì, 21 ottobre 2014

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Dopo le dichiarazioni di Renzi arriva la conferma di Gutgeld, suo consigliere economico: uno dei grandi pregi del nuovo regime forfetario previsto dalla legge di stabilità sarebbe la possibilità di fare a meno del commercialista. È così semplice che il contribuente non avrà più bisogno dell’aiuto di nessuno. Peccato che l’attuale regime dei minimi da questo punto di vista non sia molto diverso da quello proposto.

Siamo alle solite. Non abbiamo fatto molti passi avanti rispetto all’assalto ai forni descritto da Manzoni. Se manca il pane, la colpa è dei fornai.
Il problema non è una legislazione ormai semplicemente inapplicabile, perché non è più alla portata di nessuno anche solo conoscere i miliardi di adempimenti partoriti da ogni amministrazione: file da trasmettere ogni mese, delibere da consultare, F24 a zero, ricalcoli degli acconti, ganasce fiscali, perdite sistemiche, utilizzo di contanti oltre soglia, decreti non convertiti, avvisi bonari e avvisi feroci, redditometro, spesometro, remissione in bonis, RLI per depositare il proseguimento del contratto dopo i primi 4 anni sennò esci dalla cedolare, codice LEI se la banca ti ha fatto fare un derivato per “meglio coprire il rischio tassi”, solo per fare qualche nome.
Miliardi di adempimenti cui sono corrisposti miliardi di ore di lavoro da parte di qualcuno che ha dovuto farvi fronte, non sempre retribuito.

Ma per fortuna anche questa volta abbiamo finalmente scoperto l’untore: il commercialista. Quel professionista al quale gli Italiani si rivolgono, non obbligati a farlo perché non ha alcuna esclusiva, per farsi assistere nel fronteggiare le invenzioni di periodo.

Un fisco equo, per definizione, si tira dietro una certa soglia di complessità. Sarebbe molto più facile prendere il fabbisogno dello Stato e dividerlo per il numero dei suoi cittadini, ottenendo così un importo pro capite da versare interamente il primo di gennaio mediante prelievo diretto dal conto corrente. Niente dichiarazioni, niente F24, niente Agenzia delle Entrate, niente codici tributo, niente evasione, niente debito pubblico (... forse Equitalia continuerebbe a servire).

La realtà è evidentemente un po’ più complicata e questo non è colpa dei commercialisti. Come non è colpa dei commercialisti se la legislazione cerca di descrivere e condizionare la realtà stessa, spesso assumendo un livello di difficoltà applicativa tale da rendere necessario il ricorso ad un esperto.
Non abbiamo problemi ad ammettere che sia antipatico pagare qualcuno che ti aiuti a stabilire quanto devi versare di imposte, ma a ben pensarci è altrettanto antipatico che un medico pretenda dei soldi per liberarti da una sofferenza o addirittura per salvarti la vita. Non puoi andare dal giudice senza avvocato, per spostare una porta in casa tua devi andare dal geometra e perfino due professori ordinari di diritto privato, se vogliono vendersi fra loro un box auto, devono andare dal notaio. E allora che facciamo? Permettiamo a chi vuole vendere e comprare un immobile, se sono d’accordo su tutto come nel divorzio breve, di andare in conservatoria e fare tutto con l’impiegato pubblico ivi presente? È un’idea. Quante pizze in più potremmo mangiare se non fossero necessari i professionisti?

Peraltro queste considerazioni, rispetto ai commercialisti, non sono nemmeno del tutto pertinenti. Nessuno ha alcun obbligo di andare dal commercialista. Tutto quello che fanno i commercialisti, il contribuente se lo può fare da sé senza incorrere in nessuna sanzione di nessun tipo (salvo quella per aver sbagliato qualcosa). Come capita per lo yogurt, che ognuno se lo può fare in casa, oppure comprarlo già fatto.

Inoltre i commercialisti non hanno limiti numerici, ce ne sono quasi 120.000.
Poi ci sono i CAF, le associazioni di categoria, i tributaristi, i centri contabili. Ci sono anche i geometri fiscalisti. Non c’è quindi problema di concorrenza. Le quattro imprese rimaste in Italia vengono contese a colpi di sconti, ribassi, premi e abbuoni.
E poi esiste anche un tema “macroeconomico”, come già ricordato da un collega sulle pagine di questo quotidiano (si veda “Risparmiare sul commercialista non ridistribuisce disponibilità monetaria”). I commercialisti, con i loro dipendenti, rappresentano almeno una popolazione di mezzo milione di persone. Alcune si arricchiscono, la maggior parte si guadagna da vivere.

Anche qui possiamo mandarle a casa metà o anche tutte, non appartenendo loro ad alcuna delle classi sociali che devono avere un reddito certo cascasse il mondo. E poi? Potranno facilmente ricollocarsi come cuochi e camerieri nelle pizzerie che si apriranno per fare fonte alla accresciuta domanda di pizze il sabato sera, indotta dalla maggiore capacità di spesa che gli Italiani avranno per effetto dell’abolizione dei commercialisti.

Possiamo rassicurare il Governo e l’opinione pubblica che i commercialisti, tra un adempimento e l’altro, quando riescono, forniscono anche un po’ di consulenza alle imprese e ai contribuenti. Confrontarsi con un commercialista in genere non è completamente inutile. Molto spesso, a fianco di un imprenditore di successo c’è un vero commercialista che lo ha assistito nelle sue scelte, dove, anche qui possiamo rassicurare, il tema fiscale spesso non è nemmeno l’argomento principale.

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