Nemmeno il collegio sindacale può andare in vacanza tranquillo
Con un articolo del 9 agosto (“Con l’addio al collegio sindacale Intesa avvia un nuovo trend”), facendo assurgere le scelte di governance di un singolo soggetto (Intesa Sanpaolo) a indicatore di trend globali, il quotidiano di Confindustria – che vede la totalità dei commercialisti fra i suoi più devoti clienti, anche quelli che, talvolta, rimettendoci del tutto incolpevolmente patrimonio e salute hanno svolto l’incarico di sindaco – ha avuto il merito, quattro giorni prima di ferragosto, di sollevare il dibattito su un tema di improcrastinabile attualità.
Nel consolidato filone di pensiero che ha generato le recenti riforme (sindaco unico, riduzione delle ipotesi per l’obbligo dei controlli nelle srl), si riafferma la sostanziale inutilità del Collegio sindacale. Non solo inutile, ma anche simbolo di una cultura gestionale e finanziaria retrograda, almeno paragonata con quel faro di civiltà che sarebbe la finanza anglosassone.
Non mi dilungo a spiegare perché faccio fatica a citare come esempio un modello che ha partorito e diffuso in tutto il pianeta mutui subprime e derivati spazzatura e che ha prodotto i giganteschi fallimenti (fra gli altri Enron, Lehman Brothers, Bank of Scotland) che sono stati alla base dell’attuale crisi mondiale.
Se il problema è togliersi di mezzo qualche rompiscatole e risparmiare “qualche” 1.000 euro, allora parliamo pure di Collegio sindacale sotto l’ombrellone. Volendo invece inquadrare la questione in modo appropriato, dovremmo affrontare il tema dei controlli nel senso più ampio.
Su questo punto sono intervenuti ieri adeguatamente i vertici della nostra categoria, e ancor più lo faranno dopo la pausa estiva. In questa sede, solo per amor di precisione, giova riprendere alcuni profili istituzionali, preliminari a qualsiasi considerazione di merito.
Nel sistema monistico l’organo di controllo interno è il comitato di controllo sulla gestione, i cui doveri e funzioni sostanzialmente coincidono con quelli del collegio sindacale. Le differenze tra i due sistemi riguardano essenzialmente i requisiti e la revoca.
Quanto ai requisiti, nel sistema monisitico, è sufficiente un controllore revisore; gli altri componenti devono rispettare solo i requisiti di onorabilità e professionalità previsti dallo statuto e non è nemmeno chiaro se sia obbligatoria una previsione statutaria in tal senso. Secondo alcuni, potrebbero anche non esserci requisiti.
Per il collegio sindacale, invece, occorre essere iscritti al registro revisori oppure essere professori universitari in materie economiche o giuridiche oppure essere iscritti ad albi.
In un caso potrebbe non essere necessario nemmeno saper leggere e scrivere, nell’altro caso viene almeno richiesto un titolo di studio, un’iscrizione ad un albo, l’obbligo di formazione continua e un controllo di natura deontologica. Il mio vicino di sdraio non è scontento, dice che così si aprono delle porte anche per lui che non è riuscito a finire gli studi.
Quanto alla revoca, trattandosi sostanzialmente di amministratori, nel monistico l’assemblea può provvedervi in qualsiasi momento, mentre nel caso del collegio sindacale occorre un controllo da parte del Tribunale, ferma restando la necessità di una giusta causa di revoca.
Detta un po’ esagerando, nel sistema monistico i soci di maggioranza hanno pressoché totale libertà nella scelta dei controllori della società e totale libertà nella loro revoca se non graditi. Con il collegio sindacale, per cacciare un sindaco, bisogna che almeno un giudice terzo sia d’accordo.
Prima di tornare a dare man forte alla spiaggia nell’annuale competizione dei castelli di sabbia, chiudo con due considerazioni: una sulla responsabilità del collegio, l’altra sulla presunta duplicazione di ruoli rispetto all’OdV.
Il collegio sindacale ha una responsabilità specifica ed esclusiva prevista dall’art. 2407 comma 1 del codice civile, ai sensi del quale i sindaci sono responsabili della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio. Inoltre sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica.
La presenza del collegio sindacale non esime l’organo amministrativo da alcuna responsabilità, anzi aggiunge soggetti (mediamente solvibili, dotati patrimonialmente e provvisti di assicurazione obbligatoria) su tutti i beni dei quali (presenti e futuri) è possibile rivalersi. E ben lo sanno i curatori fallimentari.
In materia di OdV i compiti sono diversi rispetto a quelli del collegio sindacale, ma non è obbligatorio che siano soggetti diversi dai sindaci a svolgere tale ruolo. Prova ne sia che la L. 183/2011 ha stabilito che il collegio sindacale può svolgere le funzioni di OdV che, è bene ricordarlo, deve vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli di organizzazione e di gestione, nonché curare il loro aggiornamento ai fini di escludere la responsabilità dell’ente.
Resta il fatto che i controlli, se sono efficaci, non possono che essere un po’ costosi (richiedono tempo) e un po’ noiosi (devono poter andare in profondità). Eliminarli o annacquarli non è effettivamente privo di vantaggi.
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