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LETTERE

La mancanza di certezza fiscale impedisce la costituzione di STP

Martedì, 10 novembre 2015

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Nel novembre di quattro anni fa il legislatore promulgava la L. n. 183/2011 e, nell’occuparsi della riforma degli ordini professionali, interveniva sulle società tra professionisti, le cosiddette STP. In particolare consentiva la costituzione di società per l’esercizio di attività professionali entro gli ambiti dei modelli societari regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile. Nel contempo abrogava la L. n. 1815/39.

Le società tra professionisti avrebbero dovuto consentire alle professioni di poter utilizzare un istituto, o strumento che dir si voglia, idoneo a disciplinare l’“essere” delle stesse e l’attività associata dei professionisti, appartenenti a una stessa categoria o a categorie diverse (leggasi per queste ultime società multidisciplinari).

Nel febbraio 2013 è stato fatto poi un Regolamento (DM n. 34/2013) per spiegare gli aspetti terminologici contenuti nella legge, l’ambito di applicazione e altro ancora.

Ma, a distanza di quattro anni, “varare” una società tra professionisti, unidisciplinare o multidisciplinare, facendo riferimento alle STP è ancora impossibile, in quanto significa venire a ritrovarsi in una situazione, che se a livello civilistico può considerarsi regolamentata dalle disposizioni societarie, dall’altro rimane indefinita, e anzi paradossale, allorché ci si sofferma e ci si imbatte negli aspetti fiscali e previdenziali.
E tutto perché per le società tra professionisti non è stato detto che il reddito che da esse promana non è un reddito d’impresa ma solo e soltanto professionale, con la conseguente e naturale assoggettabilità al reddito determinato con il criterio di cassa e non di competenza e con l’applicazione, anch’essa naturale, della contribuzione previdenziale prevista per i professionisti.

Non mi dilungo su questi aspetti cruciali che tuttora non consentono l’utilizzo delle STP che, mi pare, abbiano avuto solo qualche sporadico utilizzo.
In verità, a distanza di quattro anni, e nonostante ci sia stato un tentativo emendativo, naufragato miseramente, non è ancora possibile adottare per i professionisti la veste delle società tra professionisti.

E qui non posso che fare un’amara constatazione: gli organismi delle professioni tutte non paiono capaci di trovare convergenze neppure su aspetti topici e nevralgici per l’esercizio della professione del futuro, quale potrebbe essere una compiuta regolamentazione delle società tra professionisti; per non dire poi delle Casse di previdenza, che non riescono a intervenire in modo coeso e omogeneo, ma si limitano a interventi scoordinati e contrastanti tra loro.

Auspico che gli organismi istituzionali, nella loro interezza, trovino il modo, magari nell’ambito del Comitato Unitario delle Professioni, per addivenire a una subitanea soluzione che possa por fine all’assurda situazione creatasi, che preclude la possibilità di approcciarsi in modo sereno a detta forma societaria professionale.


Paolo Fabris
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Pordenone

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