La manovra non convince l’UNGDCEC, che paventa nuove proteste
La manovra con cui l’Esecutivo ha proceduto alla correzione dei conti pubblici (DL 24 aprile 2017 n. 50) “sembra andare contro ogni buon proposito di voler ricostruire un percorso di collaborazione con chi ormai supplisce, silenziosamente, ad un sistema che mostra quotidianamente l’incapacità a gestire la macchina fiscale”. Si conclude così il comunicato stampa, diffuso nella giornata di ieri, con cui l’Unione nazionale giovani commercialisti ha commentato il provvedimento pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale di lunedì 24 aprile.
Due, in particolare, le norme che non convincono i rappresentanti dell’associazione sindacale: quella che ha portato all’estensione del meccanismo dello split payment (che prevede il versamento dell’IVA su beni e servizi direttamente all’Erario e non al soggetto prestatore o cedente) all’intero comparto pubblico e ad una parte di quello privato, oltreché alla prestazione di servizi soggette a ritenute alla fonte; e la riduzione del limite, da 15 mila a 5 mila euro, al di sopra del quale i crediti d’imposta possono essere utilizzati in compensazione solo con visto di conformità.
“Introdurre restrizioni” simili, si legge nella nota, “significa vessare letteralmente i contribuenti, impedendo che utilizzino dei crediti legittimamente acquisiti”. La macchina amministrativa, continua l’associazione guidata da Fazio Segantini, preferisce “formulare norme del non fare, non permettere, che investire nella vera caccia a chi sull’evasione e sulle frodi IVA costruisce la propria fortuna. Il divieto è sempre la soluzione più semplice ad un problema per un legislatore impantanato nella burocrazia”.
Questo modo di legiferare, però, porta il più delle volte a “norme incoerenti se non in contrasto con il resto dell’ordinamento tributario e con i principi cardine della normativa europea”. Siamo sicuri, si chiede ad esempio l’Unione, che “la combinazione split payment e restrizione delle compensazioni libere non leda il principio di neutralità fiscale, sancito dalle norme comunitarie, facendo gravare sul soggetto passivo, in tutto o in parte l’onere dell’IVA, con sproporzionati rischi finanziari a suo carico?”.
L’associazione si aspettava un “allargamento dei limiti di compensazione”, invece “è accaduto l’esatto contrario”. Il quadro sembra chiaro: “L’incapacità di una macchina pubblica di operare comporta la necessità di trovare soluzioni dell’ultimo minuto per racimolare quanto necessario senza riflettere sulle conseguenze per lo sviluppo del sistema produttivo”.
Conseguenze che sconteranno anche i commercialisti. Saranno questi ultimi, spiega l’Unione, a “dover disinnescare” e a “farsi carico dell’applicazione di norme che si accavallano tra di loro, il più delle volte senza la disciplina, voluta o meno, di un periodo transitorio”. Il tutto, ancora una volta, senza alcun “riconoscimento”.
Una situazione che non può non portare a riconsiderare l’idea di “riprendere” la protesta “sospesa” circa un paio di mesi fa dopo aver ottenuto una serie di impegni da parte del MEF. “L’UNGDCEC – conclude la nota – ha sempre agito in maniera responsabile, consapevole che urlare, solo per alzare la voce, non serve”. Permane, quindi, la voglia di “costruire”. Ma se, dall’altro lato, non si dovessero più scorgere segnali simili, l’associazione è “pronta a riprendere la protesta laddove l’avevamo sospesa”.
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