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LETTERE

Bisogna premere per eliminare l’invio dei dati delle «fatturine» dei ristoranti

Giovedì, 15 giugno 2017

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Spettabile Redazione,
anche quest’anno siamo, più che mai, sotto il tiro incrociato di artiglieria fiscale pesante.

Abbiamo archiviato, tra l’altro, la comunicazione CU con tutte le sue problematiche, i conti per la dichiarazione IVA, con la criminale scadenza di invio al 28 febbraio, lo spesometro, i bilanci con le loro novità, la comunicazione trimestrale delle liquidazioni IVA (le cui modalità di trasmissione sarebbe un eufemismo definire criminali), ma restiamo comunque in trincea per l’invio dei dati delle fatture. È vero che la scadenza è a settembre, ma non dimentichiamo che, ancora una volta, tale comunicazione dovrebbe comprendere le fatturine dei ristoranti.

Si tratta delle fatture emesse dai commercianti al minuto, quelli a cui la legge IVA consente di registrare le fatture per totali sul registro dei corrispettivi. Senonché dovrebbero ora indicarle una per una nella nuova comunicazione, il che significa, in ultima analisi, registrarle una per una nel registro vendite. Ma come può una norma successiva istituire obblighi che vanifichino una semplificazione pensata proprio per ovviare a una stortura? Perché emettere un gran numero di fatturine, in termini di successiva gestione contabile, non è uno scherzo.

E allora sommessamente mi chiedo: invece di arrivare al fotofinish, quando ormai il lavoro è stato fatto, per fare pressing affinché questo specifico obbligo venga “abbuonato”, non sarebbe forse il caso di cominciare oggi a premere per evitare l’inserimento di queste fatture in comunicazione? Meglio ancora, perché non premere per farle togliere a regime?

Che vantaggio può venire all’Agenzia delle Entrate dal sapere che il ristorante Caio ha fatturato 10 euro a Tizio quando, con ogni probabilità, Tizio comunicherà comunque di aver mangiato da Caio?
La gran parte di queste fatture ha importo irrisorio: costa più la loro gestione del vantaggio che recano a chi le detrae/deduce. E sono comunque un fastidio per chi le emette, che ne farebbe volentieri a meno.
Intestare correttamente una fattura, con tanto di partita IVA, in mezzo ai tavoli nella bolgia del servizio, non è facile.

La ricevuta fiscale sarebbe più che sufficiente, se non fosse che non consente la detrazione IVA. Ora, con queste novità comunicative, quale ristorante vorrebbe mai emettere una fattura ai clienti?


Lorena Montaldo
Imperia

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