Segantini: «Pronti alla protesta»
Il Presidente uscente dell’UNGDCEC conferma l’intenzione dei sindacati di alzare la voce e, intanto, fa un primo bilancio del suo mandato
Si aprirà oggi pomeriggio, a Reggio Emilia, il Convegno nazionale dell’Unione giovani commercialisti. A introdurre i lavori Fazio Segantini, arrivato al suo ultimo impegno ufficiale da Presidente del sindacato. Nella giornata di sabato, infatti, a chiusura del convegno, si terrà l’assemblea nazionale, che eleggerà nuovo Presidente Daniele Virgillito, attuale Segretario della Giunta nazionale e alla guida dell’unica lista candidata alle elezioni, composta da 10 nuovi membri e 8 uscenti. Per Segantini, dunque, è arrivato anche il momento di fare un bilancio, non solo del suo mandato, ma anche dello stato della professione, oggi più che mai in difficoltà, a causa della ormai nota vicenda “spesometro”.
Presidente Segantini, il termine del 16 ottobre (ufficializzato ieri) è abbastanza “congruo”, visti i tanti problemi tecnici?
“Dipende dal funzionamento del sistema. La cosa più corretta da fare, oltre a chiedere scusa per il disagio causato, era sospendere l’adempimento, risolvere i problemi tecnici e dare un mese di tempo per fare tutto. Se continuiamo così, rischiamo di ritrovarci nella stessa situazione fra 10 giorni”.
La vicenda, in ogni caso, sembra paradigmatica della complessità del sistema fiscale.
“Avevamo avvertito della possibilità che i nuovi adempimenti creassero problemi. Certo, non pensavamo si potesse arrivare a tanto, ma ancora una volta è stato dimostrato che non si è in grado di gestire determinate criticità. È chiaro che non si può frenare il processo di digitalizzazione, ma non possiamo nemmeno crearci problemi da soli, andando ad anticipare cose per le quali forse non siamo ancora pronti”.
L’esasperazione degli ultimi giorni ha rianimato propositi di protesta?
“Con gli altri sindacati, siamo d’accordo che sia arrivato il momento di mettere in atto una protesta forte. Ci sono varie idee sul tavolo ma è una questione di cui si occuperà la nuova Giunta. Noi, però, siamo pronti: vorremmo trovare una forma di protesta condivisa che incontri il favore e la partecipazione della base”.
Quella base che, forse, non vi ha ancora perdonato la revoca dello sciopero indetto a febbraio.
“Vero, ma bisogna anche chiedersi quanti colleghi avrebbero poi partecipato. In quell’occasione, abbiamo trovato un interlocutore che ci ha dato ascolto e abbiamo deciso di concedergli una chance. Mi pare, però, che l’abbiano già bruciata”.
Quindi, si andrà avanti su questa strada?
“Noi auspichiamo sempre che possa esserci una risposta da parte del MEF. Ma, questa volta, deve essere una risposta forte e in tempi rapidi. Oggi, non mi pare che le cose stiano così. Sono 10 giorni che chiediamo un incontro e ancora non ci è stata data alcuna risposta”.
Ha già fatto un primo bilancio della sua esperienza da Presidente?
“Ci sto pensando, ma non sono io quello che deve dare giudizi. Mi ero imposto una regola base, lasciare tutto in ordine come l’ho trovato e possibilmente un po’ meglio. Ho cercato di farlo, anche grazie a una squadra incredibile, che devo ringraziare perché nei momenti più difficili è sempre stata compatta”.
Che rapporti lascia con gli altri sindacati e il Consiglio nazionale?
“Con le associazioni ci sono stati dibattiti, aspri talvolta, ma stiamo cercando di trovare un quadro di sintesi, provando a darci alcune regole che saranno essenziali per far proseguire il tavolo di coordinamento. Abbiamo bisogno di fare squadra sia tra i sindacati che con il Consiglio nazionale. Con quest’ultimo, però, non ci sta riuscendo. È un peccato, perché ritengo che i sindacati siano una ricchezza, un bacino di persone con voglia di fare e dedizione, peraltro a costo zero, che può essere meglio sfruttato dal Consiglio nazionale. Tenerlo a margine e non volersi confrontare rischia di essere un errore che poi alla fine paghiamo tutti. Mi auguro che il rapporto possa essere recuperato presto”.
Cos’altro si aspetta dalla prossima Giunta dell’Unione?
“Che continui a fare l’Unione, libera, indipendente e un po’ folle. E che si continui a cercare di tracciare delle rotte per la professione, individuando nuovi sbocchi e, magari, scovando nicchie come abbiamo provato a fare in questi anni. La professione deve ritrovare appeal”.
A questo proposito, il tema del convegno è il ruolo del commercialista per le imprese.
“Sappiamo che gli sbocchi che hanno tipizzato la nostra attività non saranno più riproponibili nel futuro. Quindi, bisogna rialzare la testa da dichiarazioni e contabilità e guardarsi intorno. Il controllo di gestione o la pianificazione strategica sono cose che il commercialista del passato faceva. Noi forse ce ne siamo un po’ dimenticati, ma è questo il nostro ruolo”.
L’equo compenso potrebbe contribuire a rendere la professione più attrattiva?
“Certamente. L’Unione si è sempre battuta per riconoscere ai colleghi, ma anche ai praticanti, un giusto compenso. Ma bisogna stare attenti, perché già adesso viviamo un periodo in cui, per molti, la professione è un lavoro parasubordinato. È vero che bisogna tutelare chi lavora ma è anche vero che bisogna impegnarsi per creare professionisti e non parasubordinati”.