Sequestrabili anche le azioni della società fallita
La sentenza della Cassazione n. 13117, depositata ieri, ha precisato che, a fronte di reati tributari, è possibile il sequestro preventivo per equivalente del relativo profitto, in funzione della successiva confisca, anche di azioni di proprietà dell’indagato e relative ad una società fallita ritenuta nella disponibilità dello stesso.
Tale provvedimento, infatti, non è di per sé incompatibile con la procedura fallimentare. Tanto più ove si consideri che il fallimento non estingue la società fallita, ovvero non sostituisce un soggetto (il curatore o i creditori ammessi al passivo) ad un altro soggetto nella titolarità dei diritti, avendo il curatore esclusivamente poteri di gestione del patrimonio al fine di evitare il depauperamento dello stesso e garantire la par condicio creditorum, mentre la proprietà compete ancora alla società; venendo dunque a verificarsi non una espropriazione immediata e definitiva dei beni, ma uno spossessamento provvisorio, con finalità essenzialmente conservative e gestionali, peraltro meritevoli comunque di tutela perché di rilievo pubblicistico.
La misura cautelare reale, quindi, non può ritenersi illegittima ipotizzando il venir meno della “disponibilità” di quanto sequestrato ex art. 42 del RD 267/1942, ai sensi del quale “la sentenza che dichiara il fallimento, priva dalla sua data il fallito dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento”.
Peraltro, seguendo tale impostazione (indisponibilità del bene sequestrato a seguito del fallimento), vi sarebbe carenza di interesse ad agire in capo all’indagato.
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