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Niente divieto di cumulo di rivalutazione e interessi per il trattamento previdenziale erogato dal datore

/ REDAZIONE

Mercoledì, 21 marzo 2018

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Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6928/2018 pubblicata ieri, si sono pronunciate in merito alla questione dell’applicabilità alle prestazioni previdenziali del divieto di cumulo di rivalutazione monetaria e interessi legali previsto dall’art. 16 comma 6 della L. 412/91.

Nel caso di specie, una società in stato di liquidazione coatta amministrativa era stata condannata dai giudici di merito alla corresponsione a un lavoratore di una ingente somma a titolo di riscatto dell’intera posizione contributiva affluita al Fondo integrativo pensioni cui il dipendente era iscritto, oltre agli interessi legali, alla liquidazione dell’attivo mobiliare e alla rivalutazione monetaria, fino alla data di deposito dello stato passivo ai sensi dell’art. 86 del DLgs. 385/93.

Le Sezioni Unite, accogliendo in parte il ricorso della società, riconosciuta la natura previdenziale del trattamento pensionistico erogato dal Fondo citato, ribadiscono i principi di diritto già più volte affermati in giurisprudenza (cfr., fra le altre, Cass. SS.UU. n. 14617/2002).

Innanzitutto, i giudici escludono che possa applicarsi il divieto di cumulo di rivalutazione monetaria e interessi legali previsto dall’art. 16 comma 6 della L. 412/91. Infatti, la disposizione in parola prevede che siano tenuti a corrispondere gli interessi legali, “il cui importo è portato in detrazione dalle somme eventualmente spettanti a ristoro del maggior danno subito dal titolare della prestazione per la diminuzione del valore del suo credito”, gli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria, estromettendo così dal divieto il Fondo oggetto della questione, in quanto corrisposto dal datore di lavoro privato.

In secondo luogo, data la natura previdenziale del credito, è altresì esclusa l’applicazione ai relativi accessori da cumulare del regime giuridico proprio delle obbligazioni pecuniarie, e pertanto il pagamento del solo credito originario da parte del debitore si configura come adempimento parziale di una prestazione unitaria. La conseguenza è che gli interessi legali devono essere calcolati sul capitale rivalutato, con scadenza periodica dal momento dell’inadempimento fino a quello del soddisfacimento del credito, mentre il diritto alla rivalutazione monetaria ha come dies ad quem quello del momento in cui è divenuto esecutivo lo stato passivo della liquidazione coatta amministrativa.

Infine, le Sezioni Unite ritengono che, nell’ammissione allo stato passivo della liquidazione coatta amministrativa della società, il credito previdenziale non sia assistito da privilegio in quanto, da un lato, non ha natura retributiva e, dall’altro – dato il tipo di credito – non può applicarsi il privilegio generale sui mobili del datore di lavoro previsto per i contributi di previdenza sociale di cui agli artt. 2753 (riferito a quelli versati a istituti, enti o fondi speciali che gestiscono forme di assicurazione obbligatoria) e 2754 c.c. (in ambito di assicurazioni non stipulate liberamente dai soggetti, relative ad esempio alla disoccupazione e alla maternità, per le quali il privilegio generale mobiliare è a carico del datore di lavoro).

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