Dobbiamo attrezzarci per e-fatture e privacy, ma tutto questo serve davvero?
Gentile Redazione,
secondo la mia casa di software, in tema di fatturazione elettronica le aziende italiane sono composte al 94% da “W.E.C.”, terribile acronimo che sta per Word, Excel, Carta: insomma, siamo ancora alla macchina da scrivere!
Secondo la stampa specializzata e la pubblicità che passa sulle reti nazionali, sono pronte 30.000.000 di dichiarazioni precompilate, che poi, ben che vada, saranno utilizzate dal 10% degli aventi diritto: più o meno così lo scorso anno.
In base ai dati ISTAT, l’uso di internet è appannaggio di poco più del 50% della popolazione italiana, vuoi per scelta, vuoi per possibilità, conoscenza, accessibilità (quasi ultimi in Europa).
Stando alle attuali normative in tema di protezione della privacy, tra breve in vigore, tutti gli “obbligati” dovranno uniformarsi al nuovo regolamento europeo, ai nuovi adempimenti.
Per la stampa specializzata, e anche per molti addetti ai lavori, tutto quanto sopra sarà una buona “opportunità” in termini di lavoro, particolarmente per “gli intermediari”, in massima parte noi professionisti.
È stato pubblicato il provvedimento per le regole di attuazione della fatturazione elettronica, e qui ce la caviamo con una decina di pagine; un poco più ostico l’allegato tecnico da 259 pagine, ma che c’importa, lo leggeranno alla casa di software.
È quasi pronto il decreto che dovrebbe raccogliere gli spunti della Commissione Finocchiaro in tema di privacy, ma chissà se vedrà mai la luce, visto il momento politico.
Pregevole il lavoro del nostro Consiglio nazionale in materia!
Ma... Mi vengono in mente un paio di riflessioni.
Per caso non c’è un piccolissimo scollamento tra chi fa le leggi e chi le deve osservare? Siamo veramente sicuri che tali accelerazioni legislative possano essere sopportate dagli “obbligati”?
Se la mia casa di software ha ragione, e non ho motivo di dubitarne, circa 4.000.000 di imprese, piccole e micro in gran parte, dovrebbero essere attrezzate per il 1° luglio 2018 a ricevere, almeno, le fatture elettroniche dei carburanti e, successivamente, a compilarle, spedirle, archiviarle per fine anno.
Ma se tali imprese non sono ad oggi attrezzate, sia in termini tecnici che di conoscenze o di mentalità, basteranno i decreti a cambiare la situazione sul campo?
Potremo intervenire noi commercialisti, ma al di là dell’opportunità, ne avremo la capacità? Ne avremo compiutamente il tempo? I bilanci, le dichiarazioni, le contabilità, le liquidazioni periodiche, gli spesometri e qualcos’altro da fare c’è sempre... Si potrebbe pensare che, dopo, tanto, le fatture sono tutte sullo SDI, e quindi il nostro lavoro potrebbe essere modificato radicalmente!
Certo, ci sarebbe da attrezzarsi anche per la privacy, in modo da proteggere i dati dei nostri assistiti, delle loro fatture, dei loro redditi, dei loro orientamenti “sensibili”, sempre che tutto il nostro lavoro non sia vanificato dai profili social con le loro foto e i loro filmati. Già, ma così noi cosa dovremmo proteggere?
Tutto questo serve veramente?
Se io penso alla fatturazione elettronica, e poi al fatto che gli evasori “per definizione” le fatture non le emettono, qualche dubbio mi assale.
Se io penso che per proteggere la privacy di un mio assistito dovrò mettere in atto adempimenti esagerati, con multe sproporzionate, e poi sui social troverò facilmente tutto quanto io avrò costosamente protetto e altro, beh, qualche dubbio mi assale.
La prenderò con... filosofia: “Solo gli imbecilli non hanno dubbi”; “Ne sei sicuro?”; “Non ho alcun dubbio!” (De Crescenzo).
Stefano Pietretti
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Firenze
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