ACCEDI
Martedì, 8 luglio 2025 - Aggiornato alle 6.00

NOTIZIE IN BREVE

Ripetibilità dell’indebito pensionistico oltre l’anno se l’errore è provocato dall’assicurato

/ REDAZIONE

Venerdì, 20 luglio 2018

x
STAMPA

Con l’ordinanza n. 19239, depositata ieri, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul termine per il recupero, da parte dell’INPS, dei ratei di pensione indebitamente erogati.

Nel caso specifico, la domanda dell’INPS, di ripetizione dell’indebito pensionistico, era stata respinta nei primi due gradi di giudizio sul presupposto che l’azione dell’Istituto previdenziale fosse stata tardiva.
Secondo i giudici del merito, infatti, in caso di indebito pensionistico scaturito da dolo omissivo del pensionato, il termine per il recupero sarebbe stato quello annuale di cui all’art. 13 della L. 412/1991, decorrente dalla data in cui la reale situazione di fatto era conosciuta dall’INPS.

Non è stata dello stesso avviso la Corte di Cassazione, la quale ha invece ribadito espressamente il principio secondo cui, ai fini della ripetibilità o meno nell’arco dell’anno da parte dell’INPS, occorre verificare la fonte dell’errore in cui è incorso l’ente erogatore, se cioè l’errore sia stato provocato dall’assicurato o proprio dall’ente (Cass. n. 25309/2009).

Nel caso sia l’Istituto a omettere di valutare o a valutare erroneamente dati di cui già disponga, si configura una ipotesi di errore imputabile all’Istituto medesimo e quindi l’INPS non potrà pretendere la restituzione del non dovuto, ma laddove l’indebita erogazione derivi dall’omessa o incompleta segnalazione di fatti che l’interessato ha l’onere di comunicare all’ente previdenziale, venendo meno il presupposto dell’errore imputabile all’Istituto, questo potrà procedere al recupero dell’indebito senza alcuna limitazione temporale.

A fronte di tale principio, con riferimento al caso di specie la Suprema Corte ha ritenuto che l’INPS ben avrebbe potuto ripetere i ratei di pensione indebitamente corrisposti indipendentemente dal momento in cui era venuto a conoscenza della realtà della situazione, e ciò in quanto l’errore in cui era incorso era stato determinato dal silenzio dell’interessata sull’avvenuta prestazione di lavoro all’estero.

TORNA SU