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IMPRESA

Non c’è appropriazione indebita se il profitto dell’evasione è reinvestito nella società

Configurabile invece l’illecito tributario ex art. 2 del DLgs. 74/2000, che può essere un reato presupposto per il reimpiego di denaro, beni o altra utilità

/ Maria Francesca ARTUSI

Giovedì, 26 luglio 2018

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Nell’analizzare i presupposti per l’applicazione di un sequestro preventivo nei confronti dell’ammininistratore di una srl, indagato per il reato di impiego di beni, denaro o altra utilità, ai sensi dell’art. 648-ter c.p., con la sentenza n. 35461, depositata ieri, la Corte di Cassazione traccia il confine tra le condotte di appropriazione indebita e di evasione fiscale.
Se l’utilizzo della (falsa) fattura per operazione inesistente è avvenuta al fine di abbattere gli utili della società, pagare meno tasse e reimpiegare la somma uscita dal patrimonio sociale per finanziare, mediante il prestito dei vari soci, la società stessa, non sussiste alcuna condotta “appropriativa”, posto che il modello operativo posto in essere vede immancabilmente il ritorno

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