La nuova soglia di accesso al regime forfetario è potenzialmente evasiva
Gentile Redazione,
fa specie che su nessun organo di stampa, vuoi per conformismo, vuoi per scarsa informazione tecnica, vuoi addirittura per connivenza con i soggetti destinatari del beneficio elettoralistico, venga divulgata la sufficiente informazione sugli effetti potenziali del nuovo regime forfetario, ampliato a 65.000 euro di ricavi e compensi, che può essere foriero di iniquità economica e fiscale, specie in sede di accertamento, rispetto ai regimi ordinari di applicazione dell’IVA e delle imposte sui redditi, visto l’esonero per i soggetti forfetari dai controlli automatici della fatturazione elettronica dal 11° gennaio 2019 di cui al c.d. B2B e B2C.
Lungi dall’entrare nel dibattitto sull’utilità della fatturazione elettronica, ai fini di contrasto dell’evasione IVA – imposta europea sottoposta essenzialmente a Direttive comunitarie volte al contrasto delle frodi carosello – nonché delle imposte nazionali sul reddito, ritengo che un professionista non possa esimersi dall’effettuare alcune spicciole considerazioni sull’ampliamento quantitativo delle soglie di accesso al regime forfetario nonché sui benefici che si possono illegittimamente acquisire, magari impunemente.
Anzitutto non è logicamente spiegabile l’inesistenza, dal 1° gennaio 2019, per tali soggetti di qualsivoglia controllo automatico, con l’esonero dalla fatturazione elettronica (B2B e B2C), rispetto a quanto avverrà per i soggetti c.d. ordinari, in un disegno accertativo spiegato dall’Amministrazione finanziaria come volto a massificare e automatizzare i controlli con l’incrocio tra il soggetto emittente e il soggetto ricevente, esistente nel precedente spesometro per gli acquisti dai soggetti forfetari. Nei confronti della P.A. per tali forfetari, invece, continua a permanere l’obbligo della fatturazione elettronica c.d. B2G, (e ci mancherebbe), per esigenze di tracciatura della spesa pubblica, ma non certo in funzione antievasione.
Senza la tracciatura elettronica B2B e B2C i forfetari, così potenziati nel limite quantitativo, usando solo documentazione cartacea, non potranno essere certo controllati massivamente, neppure indirettamente dai soggetti ordinari riceventi tali fatture. Vista l’entità del numero dei forfetari, che potrebbe lievitare come sarà più avanti specificato, il controllo potrà avvenire con una capillare e improbabile verifica dei funzionari fiscali, distolti da altre incombenze accertative, che, però, quasi certamente non potranno rinvenire grandi informazioni.
I documenti potrebbero anche successivamente essere cancellati/sostituiti, anche se originariamente emessi forse a soggetti (compiacenti) in regime ordinario, che potranno così dedursi costi e spese, non tracciati in automatico, essendo essi esonerati dall’obbligo di comunicare massivamente tali acquisti. I forfetari potranno quindi, se vorranno, affiancare alla loro legittima attività anche un’attività di “cartiera” difficilmente rintracciabile! La somma di tante, seppur modeste, evasioni potrà diventare un totale molto rilevante per le casse dello Stato. Appare quindi evidente la distonia dell’esonero dai controlli automatici per i soggetti forfetari rispetto ai soggetti ordinari con un vulnus incredibile nel sistema.
In secondo luogo è evidente come la voglia di costituire nuove partite IVA, magari soggettivamente inesistenti, tramite prestanomi parentali o amicali, porterà a frammentare l’attività imprenditoriale e professionale, anziché concentrarla secondo le moderne regole dell’economia, utilizzando la consueta fantasia italiana, censurata fuori dai confini nazionali, con danni in termini di gettito da imposte dirette per lo Stato e di IVA nazionale da versare all’Europa.
In terzo luogo la normativa risulta iniqua poiché nel conteggio del limite quantitativo dei 65.000 euro non esiste differenza tra le prestazioni di servizi e le cessioni di beni.
In quarto luogo i soggetti forfetari, strutturati come appena detto, potranno arrecare danni economici ai soggetti ordinari vista l’acquisita e insperata competitività derivata da un provvedimento di legge che consente loro, in sostanza, il tax free sull’attività incontrollabile imprenditoriale e professionale oltre a quella eventuale di “cartiera”.
Certamente non è possibile “digerire”, senza repulsa e senza paura di essere controcorrente, provvedimenti di stampo elettoralistico oltre che malizioso e inverecondo, in danno all’Erario nazionale e all’Europa, senza far conoscere “massivamente” ai contribuenti la potenzialità evasiva in termini di mancato gettito.
Una levata di scudi tecnica sarebbe auspicabile, specie per dimostrare a tutti che il commercialista non aiuta a evadere le imposte, non condivide neppure slogan di piazza, è consapevolmente critico e lucido, pur lavorando silenziosamente nel proprio studio anche se circondato dal frastuono (stonato!) dei soliti pifferai magici di tutte le stagioni, che affermano di voler migliorare la vita dei cittadini, con provvedimenti di panem et circenses, pagati poi, come sempre, successivamente dai soliti cittadini contribuenti quasi onesti!
Ezio Tizzoni
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Vercelli
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