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LETTERE

Non si dovrebbe pagare l’IVA per fatture non ricevute se l’operazione è tracciata

Martedì, 25 giugno 2019

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Caro Direttore,
torno al tema del caso della fattura richiesta ma non ricevuta.

Come sappiamo, l’unica norma che regola la questione è l’art. 6 del DLgs. 471/97, che sostanzialmente impone al cliente un onere di regolarizzazione che presuppone un doppio versamento dell’IVA: prima verso il fornitore e poi all’Erario.
Vero che civilisticamente può richiedere la restituzione al fornitore, ma nei fatti nessuno intenterà mai una causa legale per questioni di tal fatta.
Secondo me sarebbe meglio distinguere due casi.

Nel caso in cui l’operazione de quo non sia tracciata (ovvero il pagamento sia avvenuto in contanti e/o l’operazione sottostante non sia stata già certificata da scontrini fiscali o ricevute fiscali), la norma può essere lasciata in quei termini, poiché il rischio di mancato gettito per l’Erario è concreto.

Viceversa, se l’operazione è tracciata (scontrino fiscale, ricevuta fiscale, pagamento con carta di credito o la combinazione dei tre), l’Erario ha già riscosso l’imposta, o comunque se non la riscuote è per il mero inadempimento del fornitore, mentre il cliente ha già fatto tutto quel che era in suo potere/dovere e andrebbe tutelato dal doppio versamento, vieppiù da quando per lui non è più possibile ricevere contestualmente all’operazione la fattura valida a tutti gli effetti.

In tali casi, ritengo, il doppio versamento dell’imposta andrebbe eliminato e, a ben vedere, pure la sanzione formale che colpirebbe un incolpevole, lasciando soltanto l’onere della segnalazione dell’operazione per la quale la fattura non è stata ricevuta. Ovvero, vada per la regolarizzazione così come attualmente prevista, ma senza l’onere del versamento dell’imposta.

Sarebbe un piccolo passo per l’Erario, un grande passo per la neutralità.


Giampiero Guarnerio
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano

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