Il limite all’espropriazione immobiliare non ostacola la confisca e il sequestro
La Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 35809 depositata ieri, conferma il principio consolidato secondo cui il limite all’espropriazione immobiliare (previsto dall’art. 76 comma 1 lett. a) del DPR 602/1973, nel testo introdotto DL 69/2013) non è ostacolo all’adozione né della confisca penale, sia essa diretta o per equivalente, né del sequestro preventivo a essa finalizzato, in quanto opera solo nei confronti dell’Erario, per debiti tributari, e non di altre categorie di creditori, con riferimento all’unico immobile di proprietà (Cass. nn. 8995/2020, 48616/2018, 7359/2014).
Tale affermazione estende i suoi effetti, per identità di ratio, anche alle altre ipotesi di impignorabilità dei beni immobiliari nei casi in cui l’importo del debito tributario non superi la soglia di 120.000 euro.
Viene altresì sottolineato un parallelo principio affermato in relazione allo specifico delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte commesso mediante l’alienazione simulata di un cespite immobiliare (art. 11 del DLgs. 74/2000). La Cassazione n. 3011/2016 ha precisato in proposito che la disposizione che vieta all’agente della riscossione, in specifiche ipotesi e condizioni, di procedere all’espropriazione della “prima casa” del debitore (art. 52 comma 1 lett. g) del DL 69/2013) preclude l’applicazione del sequestro preventivo, finalizzato alla confisca diretta, dell’abitazione di soggetto indagato per il reato citato.
Ciò sul rilievo che il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte è reato di pericolo concreto ed esige pertanto che la condotta sia idonea a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva, quivi già ex ante non consentita per mancanza dei relativi presupposti normativi.
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