Sta vincendo la politica dei ricorsi e di tutto ciò che rallenta il rinnovamento
Caro Direttore,
da Presidente dell’Associazione UNGDCEC le scrivo per confessare a tutti (Consiglio Nazionale, Ministero Vigilante, Presidenti degli Ordini territoriali, Sindacati e a ogni collega) che noi da più di un anno a questa parte ci avevamo creduto. Sì, avevamo creduto e confidato che ci fosse almeno qualcuno che avesse un reale interesse verso la nostra categoria e il futuro della professione.
Abbiamo, d’altronde, ingoiato molti rospi pur di vedere rinnovata la classe dirigente dei dottori commercialisti. Abbiamo sopportato e affrontato un procedimento disciplinare, promosso dal Presidente del CNDCEC a tutta la Giunta esecutiva di un sindacato nazionale, soltanto perché questa aveva espresso un’opinione, con toni sicuramente decisi, rispetto ad un’iniziativa da lui portata avanti ma poi respinta sostanzialmente per le motivazioni anche da noi sollevate. Un procedimento disciplinare – che non ha avuto seguito – solo per aver esercitato il diritto di critica.
Abbiamo poi “ingoiato”, almeno al momento e per il solito senso di responsabilità, un regolamento elettorale imperfetto che addirittura impedisce, per le elezioni del comitato Pari opportunità, ai colleghi che ricoprono cariche apicali nei sindacati di partecipare alla competizione elettorale, cosa mai successa prima d’ora. Abbiamo visto ignorati i nostri inviti al dialogo, cestinate le richieste di responsabilità. Nonostante tutto, sempre con lo stesso spirito proattivo e positivo, abbiamo continuato a lavorare attendendo invano un segnale da chi ci dovrebbe guidare.
Credevamo di essere parte di un gruppo di persone che lavorano insieme per la condivisione di valori, invece siamo sempre più consapevoli di essere una categoria guidata dall’interesse personale, che vince su tutto. Sta vincendo ancora una volta la politica dei ricorsi, delle forzature, degli emendamenti, insomma di tutto ciò che rallenta il rinnovamento.
Tra l’altro queste azioni finora sono risultate inefficaci oltre che dannose.
Certo, il presente nulla ha a che vedere con quanto successo nel 2012, anche se a distanza di quasi dieci anni ci ritroviamo al punto di partenza. È cambiato il mondo, non la litigiosità interna della categoria.
Nulla si muove, tutto resta fermo e congelato, e ora non ci resta che prendere atto dell’inefficacia dell’attuale sistema, sempre più alla deriva. Così aumenta anche il disinteresse dei colleghi verso quello che siamo e rappresentiamo.
Guardando avanti, le uniche speranze per chi ama questa professione sono il commissariamento, per noi l’unico mezzo utile a ripartire e portarci velocemente al voto, e il lavoro delle associazioni sindacali che pro bono continuano a impegnarsi per il bene comune e per il futuro di tutti, sacrificando affetti, lavoro e tempo.
Gli stessi sindacati, riteniamo siano diventati gli unici interlocutori della categoria verso le istituzioni sui temi concreti che interessano i colleghi e, per questo motivo, continueremo a costruire e perseguire il cammino sin qui intrapreso, consapevoli di essere nel giusto e incuranti di chi di noi non ha nessuna considerazione.
Matteo De Lise
Presidente UNGDCEC
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