Non agevolabili le prestazioni del fondo integrativo non legate alla cessazione dell’attività
Con risposta a interpello n. 150 di ieri, 23 marzo 2022, l’Agenzia delle Entrate ha escluso l’accesso al regime di imposizione sostitutiva per i titolari di redditi di pensione estera di cui all’art. 24-ter del TUIR in capo a una persona titolare di un fondo pensione integrativo privato, in quanto, nel caso di specie, non si trattava di prestazioni pensionistiche collegate alla cessazione del rapporto di lavoro o al raggiungimento di un requisito anagrafico.
L’Agenzia evidenzia che l’accesso al beneficio è condizionato alla titolarità, da parte delle persone fisiche, dei redditi di pensione di cui all’art. 49 comma 2 lett. a) erogati da soggetti esteri; la norma stabilisce, in particolare, che costituiscono redditi di lavoro dipendente le pensioni di ogni genere e gli assegni ad essi equiparati.
In base a quanto chiarito dalla circ. Agenzia delle Entrate n. 21/2020 (§ 1) rientrano nella nozione di redditi da pensione anche tutti gli emolumenti percepiti dopo la cessazione di un’attività lavorativa, che trovano genericamente loro causa anche in un rapporto di lavoro diverso da quello di lavoro dipendente (ad esempio, il trattamento pensionistico percepito da un ex titolare di reddito di lavoro autonomo).
Il caso prospettato all’Agenzia ha invece a oggetto un fondo integrativo assimilabile al fondo di previdenza complementare previsto dalla legislazione italiana e messo a disposizione del datore di lavoro ai suoi dipendenti; inoltre, il diritto a ricevere la prestazione dal fondo non era legato alla cessazione del rapporto di lavoro, né era condizionato al raggiungimento di una certa età anagrafica.
In base a tali elementi, ad avviso dell’Agenzia, le prestazioni in oggetto non sono quindi qualificabili come trattamento pensionistico e non consentono quindi di accedere all’agevolazione di cui all’art. 24-ter del TUIR.
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