All’emittente di fatture false non si confisca il profitto dell’utilizzatore
La Cassazione, nella sentenza n. 20551, depositata ieri, ha ribadito che, in relazione alla fattispecie di emissione di fatture per operazioni inesistenti al fine di consentire a terzi di evadere le imposte (art. 8 del DLgs. 74/2000), la confisca – diretta o per equivalente, come il sequestro preventivo finalizzato a essa – del profitto del reato non può essere disposta sui beni dell’emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito dall’utilizzatore delle fatture medesime.
Il regime derogatorio previsto dall’art. 9 del DLgs. 74/2000 – escludendo la configurabilità del concorso reciproco tra chi emette le fatture per operazioni inesistenti e chi se ne avvale – impedisce, infatti, l’applicazione in questo caso del principio solidaristico, valido nei soli casi di illecito plurisoggettivo.
Di conseguenza, l’entità dei beni confiscabili deve essere rapportata non al profitto eventualmente conseguito dai terzi per effetto della emissione di fatture aventi ad oggetto operazioni inesistenti, ma solo al prezzo del reato, cioè all’eventuale compenso che l’emittente abbia percepito per l’emissione delle fatture (cfr. Cass. n. 25536/2019 e Cass. n. 15458/2016).
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