L’ADC scrive a Orlando: «Decreto Trasparenza da modificare»
Il DLgs. 104/2022 (c.d. decreto “Trasparenza”), attuativo della direttiva Ue 2019/1152 in materia di condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione europea, necessita di “un’ampia e profonda revisione”, al fine di “renderlo coerente sia con la direttiva comunitaria sia con gli obiettivi di trasparenza e chiarezza ad essa sottesi”.
La richiesta arriva dall’Associazione dottori commercialisti, che ha inviato una lettera al Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, elencando tutte le criticità di un provvedimento che ha suscitato le perplessità di diversi rappresentanti delle categorie professionali.
Innanzitutto per ciò che riguarda i tempi: “A fronte di circa tre anni dall’emanazione della direttiva – scrive il sindacato guidato da Maria Pia Nucera –, fino alla sua definitiva entrata in vigore nell’ordinamento italiano, si lasciano solo 60 giorni agli operatori economici coinvolti a vario titolo per adeguarsi al nuovo panorama normativo”.
Altra criticità riguarda l’art. 4, che contiene la dettagliata indicazione di tutte le informazioni che il contratto di lavoro deve contenere: “È evidente – continua la missiva – che un contratto così articolato non risponde alla ratio di trasparenza e di chiara comunicazione del decreto legislativo. Le lettere di assunzioni risulteranno documenti di non facile lettura per il lavoratore e contenenti previsioni legislative e contrattualistiche tali da rendere estremamente difficile la comprensione degli istituti e di tutte le informazioni connesse al rapporto di lavoro”.
Una norma così costruita, denuncia l’ADC, potrebbe produrre “l’effetto opposto” in tema di trasparenza e corretta comunicazione, determinando la stesura di lettere di assunzione “poco comprensibili” e alimentando un “clima di sospetto fra le parti, con un aumento del contenzioso”.
In più l’associazione sottolinea che “nel provvedimento sono presenti disposizioni che nulla hanno a che fare con il tema di trasparenza e corretta comunicazione delle informazioni”, come ad esempio l’art. 10, che riguarda tematiche relative a “esigenze aziendali e all’assetto organizzativo delle imprese, che solo in via indiretta e residuale possono trovare attinenza con la ratio della direttiva comunitaria”.
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