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L’attività abituale e stabile determina la soggettività passiva IVA

/ REDAZIONE

Sabato, 17 dicembre 2022

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Con la sentenza n. 36992 di ieri, la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito alle condizioni che possono integrare l’esercizio di un’impresa commerciale, ai fini della soggettività IVA ex art. 4 del DPR 633/72.
Viene evidenziato, richiamando la precedente Cassazione n. 20433/2011, che la normativa IVA prescinde dal requisito organizzativo, che costituisce invece elemento qualificante e imprescindibile per la configurazione dell’impresa commerciale agli effetti civilistici, esigendo soltanto che l’attività svolta sia caratterizzata dalla professionalità abituale, ancorché non esclusiva.

L’espressione “esercizio per professione abituale” dell’attività va intesa, più semplicemente, come esercizio dell’attività in via abituale, cioè non meramente occasionale. Occorre, cioè, che l’attività sia svolta con caratteri di stabilità e regolarità e che si protragga per un apprezzabile periodo di tempo, pur se non necessariamente con rigorosa continuità. Inoltre, richiamando propri precedenti in tema di IVA, la Corte sottolinea che non può escludersi la qualità di imprenditore in capo a colui che pone in essere un unico affare, “di non trascurabile rilevanza economica, a seguito dello svolgimento di un’attività che abbia richiesto una pluralità di operazioni”.

Nella fattispecie oggetto della sentenza, viene valorizzata la valutazione effettuata dal giudice di merito sulla base degli elementi di fatto: in tal sede era stata ravvisato il sussistere di un’attività di impresa (e, dunque, la soggettività passiva ai fini IVA), per il fatto che la persona fisica in questione “aveva acquistato un edificio, lo aveva ristrutturato, ricavandone un numero, superiore a quello originario, di unità immobiliari, che aveva singolarmente venduto a terzi estranei all’ambito familiare nel periodo di imposta considerato”.

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