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FISCO

Confisca cumulata alle sanzioni illegittima se l’IVA all’importazione è pagata

Il mantenimento della misura della confisca risulta sproporzionato, dal momento che lo Stato ha recuperato il debito tributario

/ Lorenzo UGOLINI e Valeria BALDI

Venerdì, 4 luglio 2025

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Con la sentenza n. 93 pubblicata ieri, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la misura della confisca se cumulata con la sanzione amministrativa nelle ipotesi in cui l’operatore abbia provveduto al pagamento dell’IVA all’importazione.

La vicenda trae origine da un provvedimento emesso dall’autorità doganale, con il quale l’Ufficio aveva preteso, nei confronti di un contribuente, l’imposta, la relativa sanzione, nonché aveva disposto anche il sequestro del bene, finalizzato alla confisca, ai sensi dell’art. 301 del DPR 43/73 (TULD). Tale norma – vigente ratione temporis – imponeva l’obbligatorietà della confisca in tutti i casi di contrabbando, anche nelle fattispecie depenalizzate, ossia quando l’ammontare dei diritti di confine accertati risultava inferiore a 10.000 euro.

Le Sezioni Unite della Cassazione hanno rimesso alla Consulta la questione circa la proporzionalità di tale misura ablativa, nei casi in cui la stessa, a differenza di quanto previsto per l’IVA interna, si aggiunge alle sanzioni pecuniarie amministrative. In particolare, secondo i giudici di legittimità, non si spiegherebbe questo disallineamento sanzionatorio tra IVA interna e IVA all’importazione, essendo ormai pacifico che quest’ultima non costituisce un diritto di confine assimilabile ai dazi doganali.

Al riguardo, la Corte Costituzionale ha evidenziato, anzitutto, come l’intervenuto mutamento legislativo in forza del DLgs. 141/2024, che qualifica l’IVA all’importazione come diritto di confine, non modifica la rilevanza della questione, giacché, ai fini sanzionatori, l’art. 70 del DPR 633/72 rimanda comunque alla disciplina doganale. Risulta, pertanto, dirimente valutare se l’applicazione della confisca ex art. 301 del TULD anche ai casi di evasione dell’IVA all’importazione risulti essere una misura eccessivamente punitiva e contrastante con l’art. 3 Cost. e con l’art. 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Questa imposta, premette la Consulta, “ha una natura radicalmente diversa dai dazi doganali”, essendo strutturata sulla base del principio di neutralità fiscale. I dazi e le misure a essi equivalenti, invece, svolgono funzioni ben diverse, in quanto diretti ad aumentare il prezzo di specifiche merci nella prospettiva di proteggere l’economica e il mercato interno unionale. Se, infatti, l’IVA all’importazione e i dazi doganali presentano in comune il fatto generatore e il momento di esigibilità, tuttavia “l’IVA all’importazione non fa parte dei «dazi all’importazione»” (Corte Ue, causa C-714/20).
Tale imposta, dunque, è equiparata all’IVA interna, ma non per il trattamento sanzionatorio: per l’IVA interna la confisca è prevista unicamente nel caso in cui la condotta costituisca reato (art. 12-bis comma 2 del DLgs. 74/2000), mentre per l’IVA all’importazione la misura ablativa è sempre ordinata, ai sensi dell’art. 301 del TULD (richiamato dall’art. 70 del DPR 633/72).

Tale confisca, a differenza dei dazi doganali, non estingue l’obbligazione tributaria, ma si aggiunge al pagamento della sanzione pecuniaria. Si determina, per l’effetto, come rilevato dalla Consulta, “un cumulo sanzionatorio che non ha eguali non solo rispetto al regime dell’IVA interna, ma nemmeno in riferimento a quello dei più tradizionali diritti di confine, i dazi”.
Per i dazi doganali, infatti, l’art. 124 del Reg. Ue 952/2013 (CDU) prevede che l’obbligazione doganale si estingue quando le merci importate vengono confiscate (o sequestrate ai fini della successiva confisca). La confisca obbligatoria ex art. 301 per l’IVA all’importazione, pertanto, non ha una finalità ripristinatoria, ma riveste carattere punitivo, giacché non si limita a reintegrare lo Stato della somma indebitamente non versata (pari all’importo dell’imposta evasa), ma comporta per il contribuente una perdita patrimoniale in misura ben superiore a quella somma.

Di conseguenza, il sistema sanzionatorio tra dazi doganali e IVA all’importazione risulta disallineato, nella misura in cui, per i primi, la confisca estingue l’obbligazione tributaria, mentre per la seconda ciò non avviene. In altri termini, poiché, per lo Stato, la principale garanzia del pagamento dell’IVA all’importazione è il bene, la confisca risulta una misura legittima, purché non sia cumulata con la sanzione amministrativa.

Per tale motivo, la Corte Costituzionale ha concluso affermando che “Nell’ipotesi in cui l’autore dell’illecito si attiva per rimediare al mancato pagamento dell’IVA all’importazione, corrispondendo il tributo evaso, gli accessori, comprensivi degli interessi, nonché la sanzione pecuniaria, il mantenimento della misura della confisca risulta infatti sproporzionato, dal momento che lo Stato ha recuperato l’intero debito tributario e quindi viene meno anche quella funzione di garanzia che può giustificare la confisca obbligatoria”.

Tale principio potrebbe trovare applicazione anche con riferimento alle Nuove disposizioni complementari del CDU, il cui art. 96 comma 7 potrebbe presentare profili di “criticità” costituzionale nella misura in cui prevede l’obbligatorietà della confisca amministrativa anche nei casi di ravvedimento operoso da parte dell’operatore economico.

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