Rileva ai fini IVA il pagamento del soccombente anche se la prestazione è «pro bono»
La difesa in giudizio prestata gratuitamente da un avvocato al proprio cliente rileva ai fini IVA nel caso in cui il Tribunale – in base alla normativa dello Stato membro interessato – condanni il soccombente a versare l’onorario al legale.
È questo, in estrema sintesi, il principio espresso dalla Corte di Giustizia Ue e contenuto nella sentenza 23 ottobre 2025 relativa alla causa C-744/23.
Il caso riguardava un soggetto che beneficiando di assistenza legale gratuita aveva ottenuto vittoria nel giudizio. La Bulgaria, Stato in cui si è svolto il procedimento, nel prevedere il gratuito patrocinio per le persone che si trovino in difficoltà economiche, stabilisce altresì che in caso di condanna della controparte l’avvocato ha diritto che questa gli corrisponda un onorario, fissato dal giudice.
Nel fatto di causa il legale contestava alla parte soccombente il mancato pagamento dell’IVA relativa al compenso stabilito dal Tribunale, ritenendo che la propria prestazione fosse rilevante ai fini dell’imposta.
La Corte di Giustizia concorda con la valutazione del professionista. Ai sensi dell’art. 2 della direttiva 2006/112/Ce, sono soggette a IVA le prestazioni “a titolo oneroso”. Sono tali quelle per cui può dirsi esistente un “nesso diretto” tra la stessa prestazione e il corrispettivo effettivamente percepito dal soggetto passivo. Il nesso viene meno “quando la remunerazione è concessa in modo puramente gratuito e aleatorio” (punto 24).
I giudici dell’Unione europea sostengono che non sia questo il caso. Pur ammettendo che l’onorario dell’avvocato è soggetto all’alea derivante dall’esito del processo, deve riconoscersi che detto onorario rappresenta “il corrispettivo effettivo della prestazione consistente nella rappresentanza in giudizio del cliente” (punto 33). Ne consegue, pertanto, la rilevanza della prestazione ai fini IVA.
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