Per l’utile dell’associato in partecipazione può rilevare il mancato incasso di crediti
La Cassazione, nell’ordinanza n. 11532, depositata ieri, ha precisato che, nell’ambito di un contratto di associazione in partecipazione, ai fini della determinazione dell’utile spettante all’associato in partecipazione, possono assumere rilevanza anche eventi successivi al compimento dell’affare – come, per esempio, il mancato incasso di corrispettivi oggetto di fatturazione a seguito di inadempimento del debitore – nella misura in cui esprimano il risultato effettivo dell’attività oggetto dell’associazione in partecipazione.
Si osserva, in primo luogo, che in questo genere di rapporto l’autonomia che di solito si accompagna alla titolarità esclusiva dell’impresa e della gestione da parte dell’associante trova limite nell’obbligo di rendiconto ad affare compiuto o del rendiconto annuale della gestione protratta per oltre un anno (art. 2552 comma 3 c.c.).
Laddove il rendiconto sia redatto nelle forme del bilancio civilistico, peraltro, possono assumere rilevanza e ivi trovare rappresentazione anche eventi successivi al sorgere di crediti. Ai sensi dell’art. 2426 comma 1 n. 8 c.c., infatti, i crediti devono essere iscritti in bilancio tenendo conto del “valore di presumibile realizzo” e, parallelamente, in forza dell’art. 2425 c.c., nella redazione del conto economico occorre procedere alla “svalutazione” dei crediti compresi nell’attivo circolante in presenza di circostanze, attinenti alla sfera del debitore, che rendano verosimile il mancato soddisfacimento del credito maturato nei termini originariamente convenuti.
In considerazione di ciò, nel caso di specie è stata cassata la sentenza della Corte di Appello che, nel determinare l’utile spettante all’associato in partecipazione, non aveva tenuto conto del fatto che gran parte dei corrispettivi delle vendite effettuate non fossero stati pagati.
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