La confisca edilizia non travolge l’ipoteca iscritta dal creditore non responsabile dell’abuso
La Consulta, con la sentenza 3 ottobre 2024 n. 160, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale:
- dell’art. 7 comma 3 della L. 47/1985 (abrogato dall’art. 136 comma 2 lett. f) del DPR 380/2001, ma applicabile ratione temporis alla concreta fattispecie da cui ha tratto origine la questione), nella parte in cui non fa salvo il diritto di ipoteca iscritto a favore del creditore, non responsabile dell’abuso edilizio, in data anteriore alla trascrizione nei registri immobiliari dell’atto di accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione a demolire;
- e, in via consequenziale, dell’art. 31 comma 3 primo e secondo periodo del DPR 380/2001 attualmente vigente (che riproduce, con minime variazioni, la disciplina della confisca edilizia di cui all’art. 7 sopra citato), nella parte in cui non fa salvo il diritto di ipoteca iscritto a favore del creditore, non responsabile dell’abuso edilizio, in data anteriore alla trascrizione nei registri immobiliari dell’atto di accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione a demolire.
È stata così superata la lettura giurisprudenziale di ambedue le norme considerate, divenuta nel tempo diritto vivente e non superabile tramite la ricerca di un’interpretazione costituzionalmente orientata, secondo cui la confisca edilizia configura un acquisto a titolo originario del bene abusivo e dell’area di sedime da parte del Comune, acquisto dal quale discende l’estinzione del diritto di ipoteca in precedenza iscritto, così come di ogni altro peso e vincolo preesistente.
Tra i principali argomenti chiamati a sostenere l’accoglimento delle censure di illegittimità figura la constatazione che l’acquisizione gratuita del bene abusivo da parte del Comune, in quanto conseguente all’inottemperanza dell’ingiunzione di demolizione, risponde a una logica di tipo afflittivo i cui effetti non possono ragionevolmente tradursi in un pregiudizio per il creditore rimasto estraneo alla condotta illecita.
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