Per evitare la plusvalenza sulla cessione immobiliare è irrilevante la residenza anagrafica
A norma dell’art. 67 comma 1 lett. b) del TUIR, la plusvalenza derivante dalla cessione a titolo oneroso di un’unità immobiliare urbana, operata da un soggetto che agisce al di fuori dell’esercizio dell’impresa, il quale avesse acquisito l’immobile da meno di cinque anni in base a un titolo diverso dalla successione, non costituisce reddito tassabile soltanto se il cedente abbia effettivamente adibito l’immobile a propria abitazione principale.
A tali fini, ha ricordato la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 11786, depositata il 5 maggio, rileva la situazione di fatto, a prescindere dalle risultanze anagrafiche.
In pratica, posto che, ai fini dell’art. 67 comma 1 lett. b), è stata riconosciuta (Cass. n. 30180/2021) al contribuente la possibilità di dimostrare che l’immobile, alienato prima di 5 anni dall’acquisto, era stato effettivamente destinato a propria abitazione principale per la maggior parte del tempo intercorso prima della vendita, pur avendo il contribuente la residenza anagrafica in un diverso Comune, si deve riconoscere all’Amministrazione finanziaria la possibilità di dimostrare (anche mediante elementi presuntivi) che un immobile (ceduto a titolo oneroso meno di cinque anni dopo il suo acquisto) non ha costituito la dimora abituale del cedente nel periodo anteriore all’alienazione, anche se egli vi aveva la residenza anagrafica.
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