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IMPRESA

Misure protettive mai confermate nella composizione negoziata per insolvenza «non nuova»

Per la medesima crisi o insolvenza, la protezione è ammessa per 12 mesi

/ Antonio NICOTRA

Lunedì, 28 luglio 2025

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Il Tribunale di Bologna, con provvedimento del 19 maggio 2025, ha chiarito come le misure protettive non possano trovare conferma nell’ambito della composizione negoziata avviata, per una medesima situazione di insolvenza, dopo l’instaurazione di una procedura di omologazione degli accordi di ristrutturazione (non ancora conclusa in via definitiva), nell’ambito della quale le misure protettive erano già state concesse.

Ricorda il Tribunale come sia erronea l’interpretazione secondo cui l’art. 8 del DLgs. 14/2019 (CCII) farebbe riferimento, quale termine ultimo del periodo di 12 mesi di protezione, all’omologa non definitiva dello strumento di regolazione della crisi in funzione del quale siano state concesse le misure protettive (anche come approdo di una composizione negoziata), con la conseguenza che un nuovo termine di protezione scatterebbe proprio in seguito all’omologazione, pur in presenza della medesima situazione di crisi che si vorrebbe regolare diversamente.

Tale impostazione risulta in contrasto con la ratio della norma, la quale – in linea con la Direttiva Insolvency 1023/2019 – indica un limite massimo alla compressione dei diritti dei creditori interessati.

Ragionando diversamente si consentirebbe all’imprenditore di accedere illimitatamente, godendo della protezione del patrimonio, ai percorsi e agli strumenti per la soluzione della (medesima e) persistente crisi o insolvenza non nell’ipotesi di insuccesso dello strumento – ovvero inammissibilità della domanda, diniego di omologa (situazioni che rientrano nell’art. 8 del CCII impedendo i “tentativi a vuoto” con nuovo decorso del termine massimo delle misure) – ma in presenza di un risultato che, sia pure positivo, non sia più rispondente ai suoi interessi.

Il termine di 12 mesi – precisa il Tribunale – è delimitato dall’omologazione, perché con la relativa sentenza, immediatamente esecutiva (art. 48 comma 5 del CCII), si producono gli effetti c.d. “conformativi” dei diritti dei creditori anteriori, il quali non possono più aggredire il patrimonio del debitore non essendo più titolari di un credito esigibile (se non nei modi e nei termini dello strumento di regolazione omologato), pertanto, le misure protettive non sarebbero più necessarie con automatica cessazione ex art. 55 comma 3 del CCII.

Il tenore della norma, invece, non consente di concludere nel senso che, intervenuta l’omologazione, possa “scattare” automaticamente un nuovo termine di accesso alla protezione.
Il discrimen, coerentemente con una interpretazione sistematica, sarà la presenza di una nuova e diversa situazione di crisi o insolvenza.

La ratio legis, infatti, è quella di contingentare i tempi di risoluzione della crisi (anche grazie al suo anticipato rilevamento) per non pregiudicare eccessivamente i diritti dei creditori: pertanto, al debitore è concessa la possibilità di tentare anche più strade (non in sovrapposizione o contraddizione tra loro, art. 25-quinquies del CCII), ma nella consapevolezza che, esaurito il tempo massimo (anche non continuativo) di un anno alla ricerca di un soluzione di risanamento, si rispanderà il diritto dei creditori al ricorso agli ordinari strumenti di tutela giudiziali e no.

Ciò non implica, d’altra parte, che le misure protettive una volta esaurite nella loro misura massima non siano più usufruibili dall’imprenditore (che ne avrebbe quindi diritto una tantum quale che sia la durata della vita dell’impresa), ma solo che – nell’ambito della medesima situazione di crisi o insolvenza – il debitore possa farvi ricorso solo per 12 mesi, con conseguente necessità di valutare accuratamente il momento in cui accedere alla protezione, elaborando una strategia di uscita dalla crisi o di soluzione dell’insolvenza che possa dirsi: seria, efficace e tempestiva.

Nel caso di specie, non sussisteva una definitiva ristrutturazione del debito alla quale risultava sopravvenuta una nuova pretesa, tale da ingenerare uno squilibrio patrimoniale o economico-finanziario (da trattare con una nuova composizione negoziata), in quanto le passività e le attività erano le medesime del primo strumento, che, nonostante l’omologazione, non aveva avuto attuazione. Si era, quindi, in presenza del medesimo scenario di insolvenza al quale l’imprenditore intendeva far fronte attraverso una nuova composizione negoziata, senza avere neppure rinunciato al precedente strumento ancora sub indice.

Circa la possibilità di concedere con lo strumento cautelare (atipico) l’inibitoria propria delle misure protettive (che hanno, invece, contenuto tipico) rammenta, infine, il Tribunale come la giurisprudenza tenda a fornire una risposta positiva in circostanziate ipotesi, limitate temporalmente e/o oggettivamente, quali, ad esempio, le specifiche iniziative di singoli creditori.

Nel caso di specie, tuttavia, il debitore aveva richiesto la misura per tutto il tempo della nuova composizione negoziata, risultato che si sarebbe concretizzato nell’aggiramento delle norma sulla durata annuale della protezione (cfr. Trib. Milano 22 novembre 2023 e Trib. Roma 14 ottobre 2024).

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