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LAVORO & PREVIDENZA

Email private non controllabili anche se presenti sul server aziendale

Fondamentale il rispetto dei principi della legittima finalità, proporzionalità e preventiva informazione

/ Federico ANDREOZZI

Venerdì, 5 settembre 2025

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Le comunicazioni trasmesse dai locali dell’impresa nonché dal domicilio di una persona possono essere comprese nella nozione di “vita privata” e di “corrispondenza” di cui all’art. 8 della Convenzione dei diritti dell’uomo; pertanto, deve ritenersi illegittima un’attività di verifica massiva sulle stesse, che venga altresì espletata in violazione dei principi della legittima finalità, della proporzionalità e della preventiva dettagliata informazione ai dipendenti sulle possibilità, forme e modalità di controllo.

Così si è espressa la Cassazione, con la pronuncia n. 24204/2025, nell’ambito di una controversia vertente sul diritto al risarcimento del danno subito da un’impresa, per atti di concorrenza sleale posti in essere da alcuni dipendenti in violazione dei doveri di diligenza e fedeltà, desumibili da numerosi messaggi di posta elettronica i quali, sebbene trasmessi da account privati, confluivano sui server di proprietà dell’azienda (che poteva averne, quindi, facile accesso).
Chiamata a pronunciarsi, tra le altre cose, sulla legittimità dell’acquisizione di dette comunicazioni, la Suprema Corte apre la propria argomentazione richiamando la sentenza del 5 settembre 2017 (ricorso n. 61496/2008) della Corte europea dei diritti dell’uomo.

Infatti, in detta pronuncia, partendo dall’analisi dell’art. 8 della CEDU – in forza del quale ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza – è stato precisato come la nozione di “vita privata” possa comprendere le attività professionali o quelle che hanno luogo in un contesto pubblico. Ciò detto, le limitazioni alla vita professionale di una persona possono rientrare nel menzionato art. 8 nel momento in cui abbiano ripercussioni sulle modalità con cui la stessa costruisce la sua identità sociale mediante lo sviluppo di rapporti con gli altri; va, inoltre, considerato che per la maggior parte delle persone la vita lavorativa rappresenta una significativa possibilità di sviluppare rapporti con il mondo esterno, se non la più importante.

La pronuncia evidenzia poi come le conversazioni telefoniche siano comprese nella nozione di “corrispondenza”, così come individuata dalla sopra menzionata norma. In linea di massima, prosegue la sentenza, ciò vale anche per le telefonate effettuate o ricevute nei locali dell’impresa. Detto principio può, poi, essere applicato alle email inviate dal luogo di lavoro, che godono di analoga tutela ai sensi dell’art. 8, così come le informazioni tratte dal controllo dell’utilizzo di internet da parte di una persona.

Tanto premesso, i giudici di legittimità proseguono, evidenziando come tali principi debbano essere combinati a quelli della finalità legittima, per cui il controllo nelle sue varie forme deve essere giustificato da gravi motivi, della proporzionalità, in forza del quale il datore di lavoro deve scegliere, tra le varie forme e modalità di adeguato controllo, quelle meno intrusive e, infine, della preventiva e dettagliata informazione ai dipendenti sulle possibilità, forme e modalità del controllo.

La Cassazione quindi conclude statuendo che, nel momento in cui detti principi non vengano rispettati, anche in ossequio alla necessità di contemperare le esigenze datoriali di supervisione con quelle di tutela della privacy del dipendente, deve ritenersi illegittima una attività di controllo massivo, esercitata in violazione dei principi anzidetti; diversamente, sono considerate indispensabili le opportune informative aventi ad oggetto la possibile attività di controllo, con esclusione però di verifiche preventive, posto che così si esulerebbe dal piano squisitamente difensivo. Alla luce di ciò, non ha trovato accoglimento la domanda di risarcimento proposta dall’azienda nei confronti dei lavoratori, in quanto non potendo utilizzare le email, la datrice non è stata in grado di provare altrimenti la condotta di concorrenza illecita.

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