Warrant senza il regime agevolato previsto per i carried interest
Con la risposta n. 258, pubblicata ieri, l’Agenzia delle Entrate ha analizzato la possibilità di applicare il regime agevolato previsto per i diritti patrimoniali rafforzati (c.d. “carried interest”) dall’art. 60 del DL 50/2017 in caso di esercizio di warrant che sono stati assegnati da una società ai propri managers.
Secondo tale normativa, i carried interest sono considerati redditi di capitale o redditi diversi di natura finanziaria, anziché redditi da lavoro dipendente, se:
- l’impegno di investimento è pari ad almeno l’1% dell’investimento complessivo;
- il diritto ai proventi è postergato rispetto a tutti gli altri soci o partecipanti;
- le azioni, le quote o gli strumenti finanziari sono mantenuti per un periodo minimo.
Si osserva che viene definito warrant lo strumento finanziario che conferisce al possessore il diritto, tra gli altri, di acquistare (warrant call) o sottoscrivere una determinata quantità di titoli (sottostante) a un prezzo predefinito (strike price) ed entro una scadenza stabilita, solitamente superiore all’anno, secondo un determinato rapporto (rapporto di esercizio).
In merito a questa fattispecie, l’Agenzia delle Entrate non ritiene applicabile il regime previsto dall’art. 60 del DL 50/2017, in quanto le somme corrisposte non costituiscono un diritto patrimoniale rafforzato derivante da una partecipazione al capitale della società.
Nel caso analizzato dalla risposta a interpello, le opzioni a pagamento emesse consentono al sottoscrittore di ottenere un quantitativo di c.d. “Azioni D”, ad un prezzo prestabilito, esercitando l’opzione ad una scadenza prefissata, senza però attribuire al manager la veste di socio.
Del resto, questo meccanismo risulta coerente con il fatto che, nell’ipotesi di emissione di warrant, l’aumento del capitale è conseguente all’atto di esercizio del warrant e, quindi, deve intendersi perfezionato alla data di esercizio del diritto di opzione.
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