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FISCO

Dichiarazioni dei redditi non vincolanti nelle cause di separazione

In materia di assegno divorzile e obblighi di mantenimento rileva il tenore di vita

/ Alice BOANO

Giovedì, 30 ottobre 2025

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Il giudice investito della causa relativa all’assegno di mantenimento non è vincolato da quanto risulta nelle dichiarazioni dei redditi, ma deve fare riferimento a un vaglio complessivo delle risultanze probatorie in ordine alla capacità reddituale dell’ex coniuge.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 25558 depositata il 18 settembre 2025.

In breve, i fatti posti alla base della pronuncia sono i seguenti: in sede di divorzio il giudice era stato chiamato a valutare la spettanza (e a quantificare) di un assegno di mantenimento. Uno dei due coniugi era socio al 40% di una snc di famiglia, l’altro era collocatario (per la maggior parte del tempo) della figlia minorenne.
Il coniuge-socio aveva dichiarato nel 2020 un reddito annuo di poco sopra i 1.000 euro, in coincidenza con l’ammortamento di un macchinario costoso acquistato dalla snc, che azzerava gli utili fiscali fino a fine 2024.
In sede di appello la Corte aveva ritenuto che l’investimento relativo al macchinario avesse ridotto solamente la redditività fiscale, ma non la ricchezza complessiva. Tutt’al più tale investimento aveva aumentato il valore della società e, quindi, delle quote.
Di contro, il modello REDDITI PF non doveva essere considerato esaustivo delle reali capacità reddituali e patrimoniali del coniuge.

L’art. 156 c.c. dispone che il giudice, pronunciando la separazione, stabilisca a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri. L’entità di tale somministrazione viene determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato.
Per effetto dell’art. 473-bis12 c.p.c. (inserito dall’art. 3 comma 33 del DLgs. 149/2022), in caso di domande di contributo economico o in presenza di figli minori, al ricorso sono allegati le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni, la documentazione attestante la titolarità di diritti reali su beni immobili e beni mobili registrati, nonché di quote sociali e gli estratti conto dei rapporti bancari e finanziari relativi agli ultimi tre anni.

La Cassazione, confermando sostanzialmente l’impianto del secondo grado, mette in luce alcuni punti fermi.
Innanzitutto le dichiarazioni dei redditi rappresentano solo un indizio in sede di mantenimento e non un criterio esclusivo a cui fare riferimento. Le dichiarazioni dei redditi hanno una funzione tipicamente fiscale, pertanto nelle controversie relative a rapporti estranei al sistema tributario (nella specie, concernenti l’attribuzione o la quantificazione dell’assegno di mantenimento) non hanno valore vincolante per il giudice, il quale, nella sua valutazione discrezionale, può fondare il suo convincimento su altre risultanze probatorie” (Cass. nn. 15726/2019 e 18196/2015).

Necessaria una valutazione del quadro complessivo

Il giudice, di conseguenza, deve osservare altri indici di capacità, che consistono ad esempio nello stile di vita, nelle spese sostenute, nelle disponibilità liquide e nei titoli, nel patrimonio immobiliare o nelle quote societarie.
Le operazioni contabili e fiscali (come gli ammortamenti) che comprimono l’utile non schermano la capacità di contribuire se il tenore di spesa mostra, di fatto, risorse superiori.

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